Nuova vittoria dei buonisti: dichiarati illegali i respingimenti dei migranti

Una sentenza del tribunale civile di Roma ha dichiarato illegali i respingimenti: i migranti fatti tornare in Libia dall'Italia potranno chiedere protezione internazionale ed un risarcimento dei danni

Nuova vittoria dei buonisti: dichiarati illegali i respingimenti dei migranti

I fatti risalgono ad una delle prime applicazioni dell’accordo sottoscritto a Bengasi tra la Libia di Gheddafi e l’Italia, allora rappresentata dal premier Silvio Berlusconi.

Era il 27 giugno 2009, un gruppo di 89 persone a bordo di un barcone partito dalle coste libiche, era giunto in prossimità delle acque italiane. Il motore di quel mezzo era andato in avaria, così chi era a bordo ha lanciato l’Sos, raccolto da una nave militare italiana.

Il nostro mezzo ha intercettato il barcone e soccorso i migranti ma, per la prima volta dall’entrata in vigore del trattato d’amicizia con Tripoli, tutte le 89 persone non sono state portate in Italia. Al contrario, i migranti sono stati accompagnati nuovamente in Libia, da dove erano partiti nel tentativo di approdare lungo le nostre coste.

Si è trattato di fatto del primo vero respingimento. E l’allora ministro dell’interno, il leghista Roberto Maroni, ha parlato di vera e propria svolta storica: “Ecco un nuovo modello di contrasto in mare per chi cerca di arrivare illegalmente”, tuonava il titolare del Viminale durante il Berlusconi IV.

A distanza di più di dieci anni, è arrivata una sentenza che dà diritto agli 89 migranti respinti di chiedere risarcimento e di rientrare in Italia per presentare domanda di protezione internazionale. In poche parole, da adesso i respingimenti sono considerati illegali.

A sentenziarlo è stato il 28 novembre scorso il tribunale civile di Roma. I giudici hanno accolto le rimostranze di numerose associazioni, tra cui Asgi ed Amnesty International, secondo cui respingere i migranti e portarli dal paese in cui si è partiti viola i principi di rispetto dei diritti umani.

Asgi ed Amnesty in particolare, nel 2016 hanno presentato un ricorso proprio sul caso del giugno del 2009, sostenendo le ragioni sopra riportate. Dopo più di tre anni di dibattimento, come detto la sentenza ha dato ragione alle associazioni.

E certamente non mancherà di costituire un precedente giuridico importante. Da ora in poi, chiunque pensi di attuare in futuro dei respingimenti dovrà imbattersi con il quadro giurisprudenziale emerso dalla sentenza del 28 novembre scorso. E di fatto quello che all’epoca ha rappresentato il primo caso di respingimento, adesso è diventato il caso scuola contro questa pratica.

Roma e Tripoli all’epoca hanno concordato una linea precisa sui respingimenti nel contesto più generale della lotta all’immigrazione clandestina, inaugurata dal trattato tra i due paesi. La posizione dell’allora governo italiano era abbastanza chiara: la Libia era un paese in grado di accogliere chi veniva respinto, dunque lo strumento dei respingimenti poteva fungere da deterrente per nuove partenze. Ed in effetti, nel biennio 2009 – 2010 anche per questo motivo gli sbarchi dalla Libia erano quasi azzerati.

Con lo scoppio della guerra nel 2011 nel paese nordafricano, i respingimenti non sono più stati attuati nella forma vista nel giugno 2009. Molti migranti sono stati sì respinti verso la Libia, ma dalla stessa Guardia Costiera libica, non da navi militari italiane.

La sentenza tuttavia potrebbe rappresentare un precedente valevole sia per eventuali accordi con altri governi, come ad esempio quello tunisino, sia per un futuro dove la Libia torni ad essere un paese in pace.

Inoltre, la sentenza potrebbe valere per lo Stato diversi milioni di Euro di risarcimenti da erogare a chi è stato respinto in quegli anni e non solo dunque agli 89 tornati in Libia il 27 giugno 2009.

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