Nuovi farmaci per la cura del virus dell'epatite C

Che la terapia contro il virus dell'epatite C (Hcv), sia a un punto di svolta, ormai è cosa certa. Sono tanti e sono potenti i nuovi farmaci, per il trattamento di questa infezione, in arrivo anche nel nostro Paese. Antivirali orali ad azione diretta (Daa), di seconda generazione, rappresentano una possibilità concreta di eradicare l'infezione da Hcv. L'Italia si attesta al primo posto in Europa per numero di persone positive al virus dell'Epatite C, con circa 1,6 milioni di pazienti, 1.000 nuovi casi e 20mila decessi ogni anno. Nello specifico, dati emersi dal 65° Congresso annuale dell'Associazione americana per lo studio delle malattie epatiche (AASLD), «The Liver Meeting 2014», svoltosi di recente a Boston (Usa), indicano come la terapia di associazione grazoprevir (inibitore della proteasi) ed elbasvir (inibitore dell'NS5A), sia sicura e ben tollerata anche per pazienti con malattia renale, allo stadio terminale o in emodialisi. «L'insufficienza renale è un evento tutt'altro che raro, sia nella patologia epatica, che in genere in età avanzata», spiega Carlo Federico Perno, professore di virologia all'università di Tor Vergata e direttore dell'unità di virologia molecolare del Policlinico Tor Vergata di Roma. «I dati presentati a Boston, mostrano che grazoprevir ed elbasvir sono poco o nulla metabolizzati dal rene. Pertanto, in caso di insufficienza renale anche molto avanzata e in pazienti dializzati, le concentrazioni plasmatiche non sono alterate dalla carenza di filtro renale. Ciò suggerisce che tale combinazione possa avere un posto privilegiato nel trattamento di pazienti con infezione da Hcv e danno renale». Non solo. La combinazione di grazoprevir, questa volta con un'altra molecola, si è dimostrata invece interessante per superare l'ostacolo delle resistenze, dopo il fallimento delle precedenti terapie. «Uno dei problemi che si pone con molti pazienti è il fallimento alle nuove terapie antivirali che determina resistenza all'intera classe di farmaci a cui appartengono», afferma Perno.

Occorrono farmaci che mantengano l'efficacia contro i ceppi resistenti. Gli studi presentati a Boston garantiscono alte chances di efficacia anche nelle difficili condizioni di fallimento alla prima linea di trattamento.

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