Colpito da una "fatwa" con l'accusa di aver offeso Maometto. Da quel momento, Salman Rushdie vive da osservato speciale. Costantemente nel mirino degli integralisti islamici, lo scrittore di origini indiane si muove sotto scorta e a ogni suo spostamento rischia la vita. L'accoltellamento subito oggi - 12 agosto - a New York è solo l'ultimo allarmante episodio di violenza subito dall'autore. Tutta "colpa" di un suo libro del 1988, I versetti satanici (The satanic verses), storia di fantasia nella quale Rushdie alludeva però alla figura del profeta musulmano. Un'offesa insopportabile e "blasfema", secondo i fanatici del Corano.
Nato in India, il 19 giugno 1947, Rushdie si è trasferito a Londra quando aveva 14 anni. Per quel suo romanzo, fu oggetto di una "fatwa", una condanna a morte, da parte dell'Ayatollah Khomeini, leader dell'Iran. Il pronunciamento ostile del capo religioso - mai ritirato né ritrattato - avvenne il 14 febbraio del 1989, con una conseguente rottura delle relazioni diplomatiche tra Regno Unito e Iran. Da quel momento Salman Rushdie divenne un obiettivo degli integralisti islamici. Lo stesso anno della "fatwa", una bomba scoppiata anzitempo in un albergo londinese vicino alla stazione di Paddington uccise l'attentatore, Mustafa Mahmoud Mazeh. L'ordigno deflagrò nelle vicinanze di un libreria, in una zona frequentata da molti turisti. Il fondamentalista - come scoperto in seguito dal Times - era stato celebrato in un cimitero di Teheran come il "primo martire a morire in una missione per uccidere Salman Rushdie".
Per gli estremisti islamici, però, andava annientato non solo lo scrittore ma anche chi gli stava accanto. Nel luglio del 1991, il traduttore italiano dei "Versetti", Ettore Capriolo, fu picchiato e ferito a coltellate nella sua casa milanese. Nello stesso mese fu assassinato anche il traduttore giapponese del romanzo. E pure l'editore norvegese del libro, William Nygaard e il traduttore furono minacciati. Nonostante fossero messi sotto protezione, Nygaard venne aggredito a colpi di pistola. Lo stesso Rushdie, nel corso degli anni, ha più volte rischiato di essere colpito da aggressioni e attentati. Nel 2012, ad esempio, lo scrittore annullò all'ultimo la propria partecipazione a un programa tv, spiegando di essere stato allertato dall'intelligente sulla presenza di assassini pronti a eliminarlo.
E la condanna a morte in nome di Allah, ricorda sempre lo stesso autore, è ancora valida. Sulla sua testa è stata posta anche una taglia di 3,3 milioni di dollari da parte di una fondazione religiosa iraniana.
Rushdie racconta inoltre che ogni anno, nel giorno in cui si "ricorda" la promulgazione della fatwa, riceve un particolare biglietto dall'Iran che gli rammenta la minaccia. La brutale aggressione a New York - definita "orribile" da un testimone - è stato forse un promemoria dagli estremisti islamici. L'ennesimo tentativo di ammazzarlo.
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