"L'ho colpita alla pancia col coltello, lei è scappata, l'ho fatta risalire in auto dicendole che l'avrei portata in ospedale e poi l'ho finita a bastonate, era agonizzante". Si tratta di uno stralcio della confessione di Antonio Borgia, l'ex imprenditore palermitano di 51 anni, accusato di aver ucciso l'amante 30enne, Ana Maria Lacramioara di Piazza, a suon di bastonate e colpi di coltello.
"Non so cosa mi è scattato ho preso il coltello che avevo in macchina e l'ho colpita alla pancia". Comincia così, il racconto di uno dei femminicidi più cruenti che si siano consumati nelle ultime settimane, alla vigilia della giornata mondiale contro la violenza sulle donne. A parlare è Antonio Borgia, esecutore spietato di quello che negli anni a venire sarà ricordato come "il delitto di Partinico". La vittima, quella a cui fa rifermento il 51enne nella dichiarazione resa al pm Chiara Capoluongo durante l'interrogatorio, è una 30enne di origini romene, residente a Giardinello (Palermo), con la quale intrattiene una relazione extraconiugale da circa un anno. E da cui aspetta un bambino.
"Sono andato a prenderla dicendo a mia moglie che andavo a giocare a carte con gli amici e sono andato a Terrasini. Abbiamo fatto una sosta e lei mi ha fatto un rapporto orale". Sono gli attimi che precedeno la tragedia, i pochi istanti prima che il corpo di Ana fosse abbandonato tra le campagne tra Balestrate e Partnico, trafitto barbaramente dalla testa fino al basso ventre. "Ci saremmo dovuti incontrare l'indomani mattina per darle i soldi che mi aveva chiesto non sarebbero stati 3mila euro, ma avevo un cliente che doveva pagarmi e qualcosa le avrei potuto dare. - continua la confessione - Mentre aspettavamo il cliente mi ha fatto un rapporto orale. Il cliente non arrivava e allora abbiamo avuto una discussione". I 3mila euro a cui fa riferimento Borgia sono i soldi che la ragazza, alle prese con una gravidanza impegnativa, avrebbe chiesto al compagno per curarsi (questo quanto riferiscono alcuni intimi della vittima). Secondo la versione del presunto assassino, invece, si tratterebbe della cifra pattuita con l'amante affinché non rivelasse alla moglie della loro relazione clandestina. Un dettaglio che non è stato ancora chiarito dalle indagini in seno alla procura di Palermo e coordinate da procuratore aggiunto Annamaria Picozzi.
"Non so cosa mi è scattato ho preso il coltello che avevo in macchina e l'ho colpita alla pancia. Lei è scappata e ha cominciato a chiedere aiuto io sono sceso dietro di lei ero senza pantaloni. L'ho seguita, non credo di averla colpita davanti al cancello dove lei è scappata. Le ho detto che l'avrei portata all'ospedale, che le avrei dato una mano e lei è risalita in macchina. Sanguinava, io l'ho fatta entrare da dietro e si è distesa. All'altezza del ponte dell'autostrada, mi ha aggredito da dietro, a quel punto mi sono fermato, sono sceso, sono entrato dietro e ho cominciato a picchiarla. Ho usato un altro coltello, quello di prima lo avevo buttato dopo aver dato il primo colpo. Con il secondo coltello, l'ho colpita ripetutamente, ovunque, da tutte le parti, ovunque si girava, poi mi sono rimesso in macchiane e sono ripartito. A quel punto Ana soffriva, non parlava, era molto sofferente. Ho trovato un bastone per strada poi l'ho colpita in testa per finirla perché era agonizzante. Anzi, ho omesso di dire che lei era scesa dalla macchina, ha cominciato a chiedere aiuto, è passata una macchina. Lei è caduta a terra al centro della statale io l'ho presa e l'ho riportata sul furgone, l'ho rimessa dentro e anziché proseguire per la strada di campagna ho proseguito verso Partinico mi sono fermato dopo un po' e a quel punto ho preso il bastone e l'ho colpita in testa. Poi ho ripreso il coltello e l'ho colpita alla pancia e al collo. All'interno del furgone l'ho avvolta dentro una coperta e l'ho trascinata nel terreno poi l'ho ricoperta con del fogliame". Borgia fornisce un racconto macabro e dettagliato della efferata esecuzione senza mai però, citare esplicitamente il nome della ragazza.
Dopo aver commesso l'atroce delitto, l'uomo ha ripulito il furgone dalle tracce di sangue, si è fatto una doccia ed è andato dal barbiere. Successivamente, si è recato anche al lavoro "per non destare sospetti".
Ma è stato tradito da un residuo di sangue impregnato nella tappezzeria della vettura, lo stesso che, all'indomani dell'omicidio, lo ha incastrato. "Ho distrutto la mia famiglia", conclude la confessione.L'accusa nei suoi confronti è di omicidio, occoltumanto di cadavere e procurato aborto.
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