Una sentenza del tribunale di Torino ha stabilito che tutti i documenti che nel corso del tempo siano stati indirizzati a un ente pubblico sono un bene demaniale storico e appartengono allo Stato. Perciò i collezionisti di francobolli, così come le case d'asta, sono avvisati. Il passaggio da filatelisti a ricettatori è breve.
Riporta La Stampa che il tribunale piemontese, con sentenza depositata in cancelleria il 22 febbraio a cura del giudice Roberto Arata, ha condannato un commerciante di francobolli di Rivoli, sequestrandogli l'intero stock in deposito, sulla base della convinzione che chiunque maneggi pezzi di corrispondenza tra un privato e un ente pubblico, dal 1840 a oggi, è perseguibile perché il materiale è di proprietà dello Stato. Nella stessa sentenza si specifica che "la procedura di scarto non legittima la libera commercializzazione dei beni scartati, ma al contrario i documenti scartati all'esito della procedura devono essere distrutti".
L'intero commercio filatelico, che vale circa 120 milioni di euro all'anno di fatturato, potrebbe essere arrivato al copolinea. Chi decide quindi di commerciare francobolli, stabilito che sono beni demaniali, è un ricettatore. Chi li acquisti, commette quantomeno il reato di "acquisto incauto". Quindi qualunque busta porti l'indirizzo di un Comune, di una Provincia, di una Prefettura, persino di un Priorato o di una parrocchia è sospetta.
E siccome nel corso dell’Ottocento, scrive il quotidiano piemontese, erano soprattutto gli ecclesiastici a scrivere perché erano tra i pochi in grado di farlo, molta parte delle buste che vengono vendute nelle aste italiane con i relativi francobolli sono teoricamente fuorilegge.
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