La questione è delicata, se non altro perché può arrivare a sfiorare i rapporti tra la confessione cristiano-cattolica e quella ebraica: la lettera che alcuni rabbini israeliani hanno inoltrato al cardinale Kurt Koch, svizzero e conservatore, è di sicuro arrivata pure sui principali tavoli della Santa Sede, dunque su quello del Papa.
Si tratta di una missiva in cui alcuni vertici religiosi ebraici domandano qualche perché e magari qualche aggiustamento di rotta. L'oggetto dell'attenzione dei rabbini è costituito da alcune frasi pronunciate da papa Francesco. Dichiarazioni - quelle del Santo Padre - che riguardano la Torah, che non è un argomento di secondo piano.
Può essere presentata una premessa: Jorge Mario Bergoglio è il pontefice del dialogo interreligioso. Sin da quando è stato eletto sul soglio di Pietro, l'ex arcivescovo di Buenos Aires si è distinto per la continua ricerca di una dialettica con gli ortodossi, con i protestanti, con i musulmani, con gli ebrei e così via. Tanto dialogante, il Papa, da essere etichettato dai tradizionalisti come fautore di una "religione universale". Insomma, il gesuita non passerà alla storia come un teorico dei confini ostruzionistici tra credi. E di grosse polemiche derivanti da rapporti tra autorità religiose e tematiche interconfessionali, sino a questo punto del pontificato, non ce ne sono state.
Sono stati i cattolici cosiddetti tradizionalisti, semmai, a criticare Francesco per le sue aperture da quando è succeduto a Joseph Ratzinger o quasi. E sempre i cattolici tradizionalisti, di tanto in tanto, hanno rimarcato con perplessità alcuni aspetti relativi al rapporto dottrinale tra il pensiero di Bergoglio e la Legge. Questa vicenda della lettera firmata pure dal Rabbino Rasson Arousi, che non è un interlocutore di poco peso, però, è diversa: non è una vera e propria critica.
Cercando una definzione corretta, si direbbe che da Israele è giunto una sorta di atto formale tramite cui si domanda a Bergoglio di chiarire alcuni punti relativi al valore ascritto alla Torah di recente. Le frasi su cui i rabbini hanno posto degli accenti sono state riportate da Repubblica.
Tra queste, anche il passaggio in cui il Papa afferma che "La Legge non è alla base dell'Alleanza perché è giunta successivamente, era necessaria e giusta ma prima cera la promessa, l'Alleanza". Poi ne vengono citate altre di affermazioni, tra cui quella in cui Bergoglio dice che "la Legge però non dà la vita, non offre il compimento della promessa, perché non è nella condizione di poterla realizzare. La Legge è un cammino che ti porta avanti verso l'incontro".
Tra le interpretazioni di quella catechesi del Papa (era la prima metà di agosto), può essercene una che può vertere sul ridimensionamento della Torah in chiave storico-simbolica e non solo. E i rabbini dal canto loro, nella lettera, annotano come il Papa, per mezzo delle considerazioni esposte, asserisca che la Torah "non" dia "più vita" e che questo comporti "che la pratica religiosa ebraica nell'era attuale" sia "obsoleta".
In estrema sintesi, chi ha sottoscritto la missiva indirizzata al cardinal Koch pensa che un filone di questa tipologia catechetica - quella che sarebbe stata assecondata dalle pronunce di Francesco - possa rappresentare - come riporta sempre la fonte sopracitata - un "insegnamento sprezzante verso gli ebrei e verso l'ebraismo cose che pensavamo fossero state completamente ripudiate dalla Chiesa". I firmatari hanno sottolineato la necessità di fare presente l'esistenza di una "angoscia" provata da loro al Santo Padre.
Con ogni probabilità, il Vaticano procederà a sua
volta mediante la forma scritta. Qualcosa di altrettanto formale che possa porre fine ad ogni possibile polemica. I rabbini hanno chiesto pure di "assicurare che ogni conclusione dispregiativa sia chiaramente ripudiata".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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