La follia Ue sulle nocciole: "Reato di ecocidio"

La scorsa settimana il Parlamento europeo ha approvato due risoluzioni che chiedono di introdurre il reato di "ecocidio" alla Corte dell'Aia. E gli ambientalisti rilanciano accusando i produttori di nocciole della Tuscia di alterare l'ecosistema

La follia Ue sulle nocciole: "Reato di ecocidio"

Che differenza c’è tra chi sversa fanghi tossici nei terreni agricoli e chi coltiva nocciole nella Tuscia? Per alcune associazioni ambientaliste nessuna. Entrambi dovrebbero essere condannati per "ecocidio". Un termine che si addice sicuramente ai primi, molto meno ai secondi. Eppure, in un webinar organizzato mercoledì scorso nell’ambito della Settimana verde dell’Ue da Stop Ecocide International è stata messa in relazione proprio la recente proposta per il riconoscimento del crimine di ecocidio alla Corte penale internazionale dell'Aia con l'espansione dei noccioleti nel Viterbese.

Ma andiamo con ordine. La scorsa settimana al Parlamento europeo sono state approvate due risoluzioni promosse dai Verdi per chiedere la criminalizzazione dei reati ambientali, come la distruzione degli ecosistemi, nella legislazione europea e riconoscere l’ecocidio come "crimine internazionale nello statuto di Roma" della Corte penale dell’Aia. "È arrivato il momento di trattare l’ecocidio come un crimine serio e condannarlo", ha commentato l’eurodeputata francese Marie Toussaint, del gruppo dei Verdi europei. Ma per gli ambientalisti, gli "ecocidi" sarebbero anche i coltivatori di nocciole della Tuscia.

Una coltura considerata "intensiva" e inquinante per l’acqua, l’aria e il suolo. Non solo. I noccioleti starebbero contribuendo alla "perdita di biodiversità, di sovranità alimentare e sicurezza alimentare". In realtà la battaglia contro i noccioleti è iniziata qualche anno fa, quando queste coltivazioni si sono estese in particolare nel Lazio, in Umbria e in Toscana, per far fronte alla crescente domanda di prodotto da parte di importanti industrie dolciarie, che prima importavano il prodotto dalla Turchia. La frutta secca che arriva dalla penisola anatolica e dal Nord Africa, però, viene coltivata con disciplinari di produzione che permettono l’utilizzo di fitofarmaci e sostanze chimiche che in Italia e in Europa sono vietati da anni. Per questo, da qualche tempo, le aziende, comprese le multinazionali, hanno deciso di optare per la filiera italiana.

Una decisione avversata dagli attivisti green, che puntano il dito contro i coltivatori, colpevoli, a detta loro, di aver stravolto ambiente e territorio. Sara Paraluppi, direttore regionale di Coldiretti Lazio si fa portavoce degli agricoltori del territorio e rispedisce le accuse al mittente. "L’accusa di ecocidio mi sembra esagerata, e poi non si può fare di tutta l’erba un fascio", spiega raggiunta al telefono da IlGiornale.it. "Quella delle nocciole è innanzitutto una coltura molto rustica, si tratta di cespugli che non hanno bisogno di grandi cure. Talvolta prima della raccolta – va avanti – viene usato il diserbante, che serve a pulire il terreno per facilitare le operazioni". "Ma – spiega la rappresentante dell’organizzazione – si tratta di un prodotto deperibile in tempi abbastanza rapidi, e poi chi gestisce le aziende agricole ha tutto l’interesse ad usarne poco per contenere i costi".

Insomma, va avanti Paraluppi, "in tutti i settori ci sono le mele marce, ma criminalizzare così gli agricoltori è inaccettabile, anche perché sono loro i veri custodi dell’ambiente e del territorio". Allo studio dell’organizzazione c’è anche un disciplinare studiato in collaborazione con le aziende coinvolte per rendere queste colture più sostenibili, limitando l’uso dei prodotti chimici consentiti per legge, e introducendone altre, come ad esempio quella delle mandorle. "Quello dell’impatto dei noccioleti sull’ecosistema è un tema che viene tirato in ballo in campagna elettorale da molti sindaci della zona, ma perché nessuno parla dei pannelli fotovoltaici a terra che stanno impiantando su diversi terreni agricoli della Tuscia?", attacca la rappresentante di Coldiretti. "Alcuni proprietari stanno già togliendo i terreni in affitto agli agricoltori per concederli alle aziende che stanno implementando il progetto dei pannelli solari, così tra 25 anni lì sì che ci sarà una vera desertificazione, perché nessuno dice una parola su questo?", denuncia.

"Sono assolutamente a favore delle energie rinnovabili – chiarisce – ma non a scapito del nostro ecosistema".

Insomma, secondo l’attivista troppo spesso, oggi come in passato, gli agricoltori vengono presi di mira ingiustamente. "Non sono sicuramente loro – conclude - che uccidono e mortificano il paesaggio".

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