Partinico, sparò a rapinatore e finisce a processo

La vicenda risale al 2013, quando il titolare di una gioielleria di Partinico sparò ad un rapinatore che era entrato nella sua abitazione minacciando la sua famiglia. Sei anni dopo è finito sotto processo per eccesso di legittima difesa. Il ladro ferito ha chiesto un risarcimento di 100mila euro per danni fisici

Partinico, sparò a rapinatore e finisce a processo

Partinico, 20 novembre 2013. Sono da poco passate le sei del mattino e un gruppo di finti finanzieri e carabinieri fa irruzione in un'abitazione di un noto gioielliere del comune alle porte di Palermo. Mostrano un finto mandato di perquisizione e chiedono di entrare all'interno della casa. Una volta dentro minacciano con la pistola la figlia del gioielliere, immobilizzano il genero e feriscono l'anziana moglie. Poi intimano alla figlia di condurli in gioielleria puntandogli la pistola in fronte, ma qui commettono un errore: sono convinti che ci sia un collegamento diretto tra la casa e la gioielleria. Capiscono di dover uscire in strada per poter rientrare nel negozio. Troppo pericoloso, c'è il rischio che qualcuno abbia chiamato davvero le forze dell'ordine. Desistono e scappano, durante la fuga, il titolare della gioielleria spara un colpo e ferisce uno dei ladri al polso.

Il rapinatore, condannato assieme a due complici per il tentato colpo, si è fatto curare e ha deciso di querelare il gioielliere per tentato omicidio. Secondo il gip Fabrizio Molinari, quella non è stata legittima difesa, come sostengono sia la Procura che gli avvocati del gioielliere. Francesco Cucchiara, noto gioielliere di Partinico, sei anni dopo è stato rinviato a giudizio con l’accusa di tentato omicidio e alla soglia dei 90 anni dovrà affrontare un dibattimento in aula. Lui prova a ricordare e riannondare i fili di quella terribile giornata: "Ho agito solo per difendere la mia famiglia - racconta al Giornale di Sicilia -, ho avuto paura per mia figlia che aveva la pistola puntata in testa". La figlia Maria Grazia che in quei momenti ricorda solo di aver avuto la pistola puntata alla tempia non ci sta. "Siamo arrabbiati, ma continuiamo ad avere fiducia nella giustizia - dice -. È stata legittima difesa perché mio padre ha sparato mentre il ladro si allontanava puntandomi la pistola alla tempia dicendomi di portarlo alla gioielleria, non poteva sapere che poi i rapinatori sarebbero invece andati via, che avrebbero mollato". Oltre il danno di un trauma difficile da dimenticare c'è anche la beffa per un risarcimento economico.

"Ci è arrivata una richiesta di risarcimento da 100 mila euro - racconta la figlia -. Essere minacciati con una pistola alla tempia non è una cosa che si può dimenticare. Ci hanno tolto per sempre la serenità familiare".

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