È una parabola ben triste quella di Beppe Grillo, che in pochi anni ha abbandonato ogni velleità rivoluzionaria per vestire i panni del difensore dello status quo: anche senza necessariamente indossare la pochette d'ordinanza. Espressosi a gran voce in favore di un'imposta patrimoniale (e cioè per il saccheggio dei beni privati degli italiani), il comico genovese non ha davvero più nulla del dissacratore di un tempo, né del contestatore dei privilegi dei politici di professione. Il partito che egli ha inventato dal nulla nel 2009, dopo anni di lavoro preparatorio, ora s'è insediato nel Palazzo e pare quindi non ci sia alcun motivo per schierarsi dalla parte del popolo tartassato e dei produttori senza voce.
Eppure nel 2008 egli fu veemente contro il governo, quando il viceministro Vincenzo Visco rese consultabili per qualche ora le dichiarazioni degli italiani (inclusa la sua), fornendo «ai criminali le informazioni sul reddito e l'indirizzo di casa dei contribuenti», come ebbe a denunciare in quell'occasione. Né fu meno tenero verso il ceto politico-burocratico nel 2014, quando definì le partite Iva «cornute e mazziate». In quegli anni, d'altra parte, lui e Gianroberto Casaleggio erano impegnati in un'opera di seduzione dei ceti imprenditoriali, specie del Nord-est, che ottenne perfino qualche risultato.
Oggi siamo in un'altra dimensione. La protesta appartiene al passato, le fabbrichette non sono più importanti e quello che conta è Roma: dove il potere trova la sua massima concentrazione.
Negli scorsi anni qualcuno si era davvero illuso che Grillo potesse far saltare il banco. Adesso sappiamo che a lui e ai suoi mancavano quei principi etici che sono necessari a intraprendere un'opera tanto ardua: a partire dalla convinzione che la società va difesa dallo Stato (che è sempre e comunque una minaccia per i nostri diritti). I Cinquestelle non hanno mai voluto meno burocrazia e meno spesa pubblica, più autogoverno locale e più responsabilità a ogni livello.
Anche perché, in fondo, il Grillo-pensiero è sempre stato riconducibile a un moralismo di maniera: qualcosa che tutti abbiamo sentito e risentito mille volte in tante chiacchiere da bar.
E poiché il loro progetto consisteva semplicemente nella sostituzione dei «corrotti» (gli altri) con gli «onesti» (loro), adesso che hanno in mano le leve del potere sono pronti a tutto pur di fare arrivare allo Stato la maggior quantità possibile di risorse. Anche se per far questo bisogna spogliare gli italiani.
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