"Ho messo insieme degli appunti con i quali fornire qualche indicazione che potesse essere di aiuto in questo momento difficile". Il Papa emerito torna a parlare, dopo mesi di silenzio rispettoso della condizione (inusuale) di pastore dimissionario della Santa Sede. E lo fa su un tema scottante, discusso da tempo, cuore della "crisi della fede e della Chiesa avvertita in tutto il mondo": la pedofilia. Joseph Ratzinger prende carta e penna e verga 18 lunghe pagine di commento "a seguito della diffusione delle sconvolgenti notizie di abusi commessi da chierici su minori". Un intervento importante, reso pubblico solo dopo "contatti" con "il Segretario di Stato e con lo stesso Santo Padre", e che inevitabilmetne farà discutere proprio perché arriva a pochi giorni dalla conclusione della riunione di tutte le conferenze episcopali del mondo sulla pedofilia.
Se Benedetto XVI ha deciso di puntualizzare il suo pensiero in merito agli abusi, un motivo deve esserci. Quale sia, non è dato sapere. Si possono però fare delle congetture. Forse il Papa non ha condiviso a pieno le conclusioni della riunione dei vescovi mondiali. O forse intendeva solo mettere un punto fermo per impedire il "collasso morale" della Santa Sede e di tutto l'impianto della "sposa di Cristo".
Ratzinger conosce a fondo i problemi della pedofilia nella Chiesa. Lo sa perché "al momento del deflagrare pubblico della crisi e durante il suo progressivo sviluppo" era "in posizione di responsabilità". E per "contribuire" ad una "ripresa", individua nell'origine di tutti i mali quel '68 che tanto ha rivoluzionato la sfera sessuale dell'intera umanità. Soprattutto occidentale. Un "processo inaudito", scrive il Papa, "di un ordine di grandezza che nella storia è quasi senza precedenti": "Si può affermare - scrive - che nel ventennio 1960-1980 i criteri validi sino a quel momento in tema di sessualità sono venuti meno completamente e ne è risultata un’assenza di norme alla quale nel frattempo ci si è sforzati di rimediare".
Una accusa netta, senza appelli. E vergata da chi in quegli anni veniva additato da alcuni ambienti progressisti della Chiesa come "il passato", come il teologo (eccessivamente) ancorato alla Tradizione di "Santa romana Chiesa".
La rivoluzione sessuale del '68
Ratzinger analizza la situazione in Germania, che è quella che conosce meglio, ma è all'intero mondo occidentale che pensa quando critica l'introduzione "dei bambini e della giuventù alla natura della sessualità". Condanna i "film" pubblicizzati dai ministri tedeschi per propagandare "tutto quello che sino a quel momento non poteva essere mostrato pubblicamente, rapporti sessuali inclusi". L'apertura pubblica alla "pornografia" e la "completa libertà sessuale" propugnata dalla "Rivoluzione del 1968" portarono all'abolizione di ogni "norma". Senza considerare che sempre nel '68 venne "diagnositicata" la pedofilia "come permessa e conveniente". "Mi sono sempre chiesto - scrive Benedetto - come in questa situazione i giovani potessero andare verso il sacerdozio e accettarlo con tutte le sue conseguenze. Il diffuso collasso delle vocazioni sacerdotali in quegli anni e l’enorme numero di dimissioni dallo stato clericale furono una conseguenza di tutti questi processi".
Il collasso della teologia morale della Chiesa
Di pari passo con i sessantottini arrivò anche il "collasso della teologia morale cattolica" che rese "inerme la Chiesa di fronte a quei processi nella società". Ratzinger punta il dito contro chi affermò che "la morale dovesse essere definita solo in base agli scopi dell’agire umano". Tradotto: il Papa biasima l'ingresso del relativismo nella riflessione cattolica sulla vita (niente è buono o cattivo in assoluto, ma dipende da "valutazioni relative") . Ed è proprio quando viene messa "radicalmente in discussione l'autorità delle Chiesa in campo morale" che iniziano i problemi degli abusi sessuali.
I club omosessuali
Per Benedetto XVI tutte queste premesse occorrono per arrivare a toccare il tasto dolente nel cuore della Chiesa. "In diversi seminari - scrive il Papa emerito - si formarono club omosessuali che agivano più o meno apertamente e che chiaramente trasformarono il clima" nelle scuole sacerdotali. La "Santa Sede sapeva di questi problemi", sebbene "senza esserne informata nel dettaglio", ma non riuscì a frenare la deriva progressista. Ratzinger critica i prelati che "rifiutano la tradizione cattolica" in nome di "un nuovo rapporto con il mondo" e una "moderna cattolicità". E poi lamenta di come in alcuni seminari "studenti sorpresi a leggere i miei libri venivano ritenuti non idonei al sacerdozio". È così che, negli anni Ottanta, la pedofilia inizia a diventare "una questione scottante".
L'accusa di Benedetto
Un cancro che ha potuto "raggiungere una dimensione del genere" a causa dell'assenza di Dio nella "società occidentale". Una società "nella quale Dio nella sfera pubblica è assente e per la quale non ha più nulla da dire". Con la "morte di Dio", relegato ad un "fatto privato di una minoranza", non si è però conquistata la libertà, come si credeva, ma si è perso "il senso che offre orientamento". Tanto da rendere "ovvio" (e accettabile) quel che è "male e che distrugge l'uomo": la pedofilia. "Teorizzata ancora non tempo fa - scrive il Papa emerito - come del tutto giusta, essa si è diffusa sempre più. E ora, scossi e scandalizzati, riconosciamo che sui nostri bambini e giovani si commettono cose che rischiano di distruggerli. Che questo potesse diffondersi anche nella Chiesa e tra i sacerdoti deve scuoterci e scandalizzarci in misura particolare".
Il testamento di Ratzinger
A leggere attentamente l'intero testo scritto da Ratzinger viene quasi da pensare che possa essere una sorta di testamento di uno dei più grandi teologi del nostro tempo. Benedetto è stato in grado di coniugare Tradizione e rinnovamento senza cedere al progressismo cattolico. Non è forse riuscito a impedire che prendesse piede, anche a causa delle resistenze interne del Vaticano. Ma da pastore (sebbene dimissionario) non poteva esimersi dall'indicare una strada per il "rinnovamento" della Chiesa. Ecco il perché di questo inatteso e fondamentale scritto.
Ratzinger invita i cattolici "a riconoscere Dio come fondamento della nostra vita e non accantonarlo come fosse una parola vuota qualsiasi". È l'unico modo per evitare di cadere nel baratro su cui l'Occidente balla in bilico da molto tempo. Occorre smetterla di "declassare" l’Eucaristia "a gesto cerimoniale" perché "non abbiamo bisogno di un’altra Chiesa inventata da noi". Una "nuova" Chiesa non rappresenterebbe alcuna "speranza", ma la trasformerebbe - come oggi appare - solo in "una specie di apparato politico".
Benedetto XVI ricorda che "sì, il peccato e il male ci sono", ma "anche oggi c’è pure una Chiesa santa che è indistruttibile". È ai "martiri" odierni che occorre aggrapparsi, nonostante i molti casi di abusi, per non cadere nella "proposta del diavolo" di un cattolicesimo "fatto da noi".
La via che indica è quella di una Fede che riscopra l'identità cattolica e che condanni l'evoluzione dei costumi occidentali del '68. Senza "se" e senza progressismi.(Leggi qui il testo completo di Benedetto XVI pubblicato dal Corriere)
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