Dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio la mafia insanguinò il Paese con alcune autobombe che presero di mira le città di Roma, Firenze e Milano. Ora, come rivela il pentito Gioacchino La Barbera, si apprende che Cosa nostra avrebbe pensato di far saltare in aria anche la Torre di Pisa. Il collaboratore di giustizia lo ha raccontato nel corso dell’udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia, rispondendo alle domande del pm Francesco Del Bene. La Barbera ha raccontato della trattativa "parallela" che avrebbe avviato con i carabinieri il boss Nino Gioè (morto suicida in carcere), attraverso l’eversore nero Paolo Bellini, esperto d’arte. Fu proprio quest’ultimo, a dare l’idea a Gioè di un attentato contro il patrimonio artistico nazionale.
"Pensa se Pisa si svegliasse senza la torre", avrebbe detto Bellini a Gioè. Un attentato per il quale - stando a quanto racconta La Barbera - era già pronto l’esplosivo, scoperto dalle forze dell’ordine grazie alla collaborazione di un pentito, ma che fu comunque accantonato dopo gli importanti arresti del ’93, tra i quali quello di Totò Riina. Ma non solo. Bellini, infatti, immaginava di barattare la restituzione delle opere d’arte rubate, con la concessione degli arresti ospedalieri per alcuni
mafiosi.
Bellin, racconta ancora La Barbera, sarebbe stato in contatto con un generale dell’Arma che gli avrebbe dato le foto di opere da recuperare.
In cambio Gioè avrebbe chiesto i domiciliari o gli arresti ospedalieri per boss del calibro di Bernardo Brusca e Pippo Calò. Secondo quanto riferito dal pentito l’accordo fu ipotizzato tra maggio e settembre del ’92, ma non si concretizzò.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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