Perché tra laici e credenti non c'è più divisione

Ieri gli editori e il direttore del Giornale, cioè di un quotidiano profondamente laico - e laico da sempre, da quando Montanelli lo fondò - sono stati ricevuti dal Papa

Perché tra laici e credenti non c'è più divisione
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Ieri gli editori e il direttore del Giornale, cioè di un quotidiano profondamente laico - e laico da sempre, da quando Montanelli lo fondò - sono stati ricevuti dal Papa. C'erano Antonio Angelucci (...)

(...) con i figli Giampaolo, Alessandro e Simone, gli editori; e i direttori Alessandro Sallusti e Vittorio Feltri. Alla fine dell'udienza, Francesco ha chiesto loro di pregare per lui. È contraddittorio tutto questo? Il fatto che il Papa riceva i vertici di un giornale laico? E che i vertici di un giornale laico siano lieti di essere ricevuti dal Papa? E che il Papa chieda a un laico per giunta molto scettico come Sallusti di pregare per lui? Ovviamente no, non c'è alcuna contraddizione. E anzi. Sarebbe ora di finirla con l'immaginare una spaccatura, una linea di demarcazione netta fra laici e credenti. «Laico» viene dal greco, e significa «del popolo», cioè chi non appartiene alla casta sacerdotale. Quando l'Europa era ancora tutta profondamente cristiana, i laici erano coloro che, appunto, non erano sacerdoti: ma erano comunque credenti, cristiani. Con il passare del tempo, soprattutto dall'Illuminismo in poi, il termine laico ha cominciato a significare un'altra cosa: e cioè colui che segue più la ragione che la fede, colui che non si riconosce nelle certezze e nei dogmi delle Chiese.

Ma, detto questo, è una semplificazione grottesca, e ormai si spera superata, quella di dividere gli uomini tra credenti e non credenti: i quali non credenti sarebbero poi, appunto i laici. Una divisione del genere non esiste nella realtà. Coloro che dicono di essere credenti senza nutrire alcun dubbio, o sono baciati da una particolare grazia che non abbiamo il piacere di conoscere, oppure mentono, oppure ancora non capiscono di che cosa si sta parlando. Chi recita il Credo senza sussultare quando si parla di esistenza di Dio, di incarnazione e di resurrezione dei morti, evidentemente ripete a memoria senza pensare.

Viceversa, coloro che dicono di essere certi della non esistenza di Dio, coloro che si definiscono atei, sono altrettanto accecati da un'ideologia. Perché la verità, percepibile da ogni ragione umana, è che noi umani siamo meno di un pulviscolo nell'universo e non sappiamo niente di noi stessi. Non sappiamo chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. Non sappiamo se Dio esiste oppure no. Avvertiamo che siamo avvolti in un mistero. La Chiesa getta una luce su questo mistero, ma è una luce che si può seguire solo se si ha fede, e avere fede significa affidarsi: non disporre di una certezza razionale o meno ancora materiale. Il vero laico non può accettare che verità rivelate per fede siano imposte da leggi dello Stato: ma se è laico davvero, e non fanatico, resta rispettoso nei confronti della Chiesa della religione.

Quando, nel 1974, Indro Montanelli fondò il Giornale, volle fare appunto un quotidiano laico. Non era credente. Diceva che avrebbe anche voluto averla, la fede: ma non ce l'aveva. Tuttavia, ben consapevole di avere fra i suoi lettori anche molti cattolici, non fece mai un giornale ostile alla Chiesa. Chiamò Giorgio Torelli e gli affidò una pagina domenicale che desse voce al mondo cattolico e soprattutto a quel mondo cattolico che Montanelli stimava di più: i missionari. Un giorno, in un editoriale dedicato ai problemi dell'Africa e più in generale all'allora cosiddetto Terzo Mondo, scrisse che non servivano programmi politici particolari né fondi economici: occorrevano uomini come il missionario padre Piero Gheddo (grande amico di Torelli) «molto più difficili da stanziare».

Oggi credo che nessun cattolico abbia più l'idea di poter imporre per legge i dogmi del cristianesimo. L'Italia è passata attraverso referendum come quello sul divorzio e dall'aborto, che sono stati certamente anche laceranti, ma hanno fatto chiarezza sulla libertà delle proprie coscienze e quelle che invece vanno stabilite con le leggi di uno Stato laico. E credo che nessun laico vero voglia più ingaggiare battaglie ottocentesche per silenziare la Chiesa. Ormai non è più neanche una questione di destra o sinistra. La prima è più attenta a questioni come famiglia, vita, scuola libera; la seconda a solidarietà per i poveri, immigrazione, integrazione.

Ma sono tutti, in fondo, valori cristiani. Perché come diceva Benedetto Croce, non possiamo non dirci cristiani.

Questo è sempre stato il principio ispiratore del Giornale. Un quotidiano laico: e quindi impermeabile agli assolutismi, di una parte e dell'altra.

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