Papa Francesco non ha mai neppure pensato di dimettersi. Lo ha ammesso il diretto interessato e lo avevamo "anticipato" noi su IlGiornale.it. Niente di strano, insomma, almeno per chi aveva ragionato sull'impossibilità di una copresenza di tre pontefici, due emeriti ed uno regnante. Bastava soffermarsi sull'eventualità e sugli effetti di uno scenario mai presentatosi nella storia della Chiesa, a dire il vero, per evitare certi retroscenismi. Ma il pontefice argentino ha comunque voluto chiarire, considerata la notizia divenuta di "moda", come ha definito le voci sulla "rinuncia", di non avere intenzione di farsi da parte.
L'intervista che Jorge Mario Bergoglio ha rilasciato a Radio Cope è tanto esaustiva da rendere quasi inutile qualsiasi commento. Qualche ulteriore informazione, però, può circoscrivere meglio la questione delle ventilate "dimissioni" del pontefice.
Uno degli aspetti ancillari che sono stai presentati a vantaggio della tesi secondo cui il Papa stesse per farsi da parte è l'imminente riforma dell'istituto del papato emerito. E in effetti - come anche noi abbiamo voluto sottolineare - qualche movimento c'è. Molti studiosi, soprattutto, sembrano intenzionati a insistere sulla necessità di una riforma complessiva che sia in grado di disporre delle regole per chi, da successore di Pietro, opta per il ritiro. Perché il Papa è un essere umano e, soprattutto nella modernità, non è detto che quanto accaduto con l'ex papa Ratzinger non si ripresenti. Ma questo non vuol dire che il Santo Padre stia per scendere dal soglio.
Sembrava che in Vaticano stessero lavorando a una legislazione complessiva su quell'istituto. Tant'è che, pur usando il condizionale, avevamo affrontato su queste pagine la possibile riforma del papato emerito. Ma in queste ore, da ambienti prossimi alla Santa Sede, ci hanno assicurato che non c'è alcuna commissione incaricata di occuparsi di questi aspetti. Bergoglio, insomma, non sta affatto preparando il terreno in funzione delle sue "dimissioni". Se il Papa dovesse decidere di riformare il papato emerito, insomma, lo farebbe mediante un Motu proprio o comunque per mezzo di un atto che prevede nessuna o poca collegialità. Altrimenti in piazza San Pietro, di questi tempi, ci sarebbe un altro tipo di tam-tam.
Ma perché Francesco, al netto delle sue non dimissioni, potrebbe decidere di occuparsi lo stesso dei potenziali e futuri pontefici emeriti? Che il "pontefice emerito", nel senso dell'istituto, possa (e magari debba) essere riformato è un fatto che prescinde da questa fase e da questo pontificato. Joseph Ratzinger, in una lettera scritta al cardinale Walter Brandmueller qualche anno fa, ha chiarito il senso della mossa. "Con il Papa emerito ho cercato di creare una situazione nella quale io fossi per i mass media assolutamente inaccessibile e nella quale fosse pienamente chiaro che c’è solo un Papa" ha scritto Benedetto XVI all'epoca. E il fatto che sia stato l'ex pontefice a "creare" la situazione di cui parla presuppone che la Chiesa cattolica, con chi è succeduto a Benedetto XVI, possa decidere di circoscrivere meglio quella creazione. Quella che forse verrà normalizzata in previsione dell'avvenire. Ratzinger, nella stessa lettera, definisce il suo pontificato "finito". Ma neppure questo ha impedito, a chi ha voluto strumentalizzare, di mettere persino in dubbio la validità della rinuncia del tedesco.
A dire il vero, di ragioni per intervenire sul pontefice emerito in qualità d'istituto ce n'è più d'una: la caducità dell'uomo; la contemporaneità ed i suoi ritmi; l'innalzamento dell'età media (prima non era previsto che i pontefici vivessero così tanto) e così via. Poi ci sono i fronti ecclesiastici. Da sinistra spingono affinché le nuove ed eventuali norme impediscano sovrapposizioni tematiche tra il regnante e l'emerito e delimitino il campo e le modalità d'intervento pubblico di chi non è più vescovo di Roma. Da destra, d'altro canto, preferirebbero che la casistica dell'emerito venga normata per scongiurare caos comunicativo e confusioni dottrinali. I tempi sono maturi, ma in fin dei conti deciderà Francesco, che in ogni caso non si dimetterà.
Un'ultima questione merita di essere risolta: Bergoglio è o no favorevole alla figura del "pontefice emerito"? Francesco ha ipotizzato di divenire emerito a sua volta, e in maniera indiretta in un'intervista dello scorso febbraio. Significa che Bergoglio guarda con favore a quanto "creato" da Ratzinger. Ma non vuol dire affatto che il pontefice argentino sia destinato a sua volta a diventare emerito. Quello che potrebbe cambiare, con una riforma capace d'inquadrare il pontificato emerito e la possibilità di rinunciare al papato, non riguarda tanto l'annosa vicenda del rapporto tra Francesco e Benedetto XVI - un rapporto che è chiarissimo, mentre risulta oscuro soltanto a chi magari ha interesse a non capire - ma la storia dei papi. Perché il rischio, se vogliamo, è che i pontefici inizino a dimettersi con una certa continuità. Quella, semmai, è la prospettiva verso cui la Chiesa cattolica potrebbe procedere.
La direzione verso cui potrebbero essere concentrati gli sforzi dei retroscenisti del domani, ma non dell'oggi.Al momento, infatti, Papa Francesco - come abbiamo premesso - non ha in programma di lavorare alla riforma del pontificato emerito. I viaggi apostolici in Ungheria e Slovacchia sono i veri prossimi impegni del gesuita.
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