Migranti, l'accusa choc a Parigi: "La polizia francese è razzista"

La Francia elogia Carola e fa la morale all'Italia. Ma al confine fa di peggio. Le accuse: "Così mi hanno insultato"

Migranti, l'accusa choc a Parigi: "La polizia francese è razzista"

"Quando la polizia francese ha capito che sono algerino ha iniziato a insultarmi in arabo". Hamid è un migrante, uno dei tanti che incontriamo a metà del ponte che divide la Francia dal Belpaese. È stato fermato sul treno che da Ventimiglia porta a Mentone e costretto dopo mezz'ora a tornare da dove era venuto. In Italia. I gendarmi hanno solo dato un'occhiata ai documenti, hanno compilato in pochi minuti un foglio per il respingimento e poi l'hanno invitato a ripassare il confine nel minor tempo possibile. Le richieste di Hamid sono state stroncate da insulti: "Mi hanno detto 'Fuck your mother'. Sono dei razzisti".

Le parole del giovane migrante aprono un'altra crepa nel castello buonista di Macron. Sono il racconto di una Francia "razzista" alla frontiera ma che predica le porte aperte a Parigi. Che immagina il Belpaese come porto sicuro d'Europa. Che dall'Eliseo invia bordate contro le politiche di Salvini ("comportamento inaccettabile", ebbe a dire la portavoce del governo) e poi a Ventimiglia usa il pugno duro. Se non di ferro. Una Francia che premia la capitana della Sea Watch 3, Carola Rackete, che finanzia le Ong in rotta verso le coste della Libia e poi barrica i confini terrestri con l'Italia. Un comportamento quantomeno ambiguo.

La ditta Macron&co, che nell'ultimo anno ha respinto ben 18.125 migranti, è infatti accusata non solo di rinchiuderli nei container senza cibo né acqua o di falsificare i documenti per la riammissione in Italia. Ma anche di mettere in atto pratiche poco rispettose e al limite del "razzismo", in particolare durante le procedure di pattugliamento alla prima stazione dopo la frontiera. "I passeggeri vengono suddivisi e selezionati in base a segni 'esterni', come colore della pelle, 'odore', abbigliamento - si legge sul rapporto dell'associazione Anafè - Si tratta di logiche discriminatorie e di pratiche di controllo sulla base dell'apparenza". Dalle testimonianze raccolte emerge il particolare modus operandi dei gendarmi a Mentone: "Chiedono i documenti soltanto a persone con tratti fisici che possano far pensare che siano originari dei paesi africani o del medio oriente".

Interrogata dalla Commissione Nazionale dei Diritti dell’Uomo, la polizia di frontiera ha dichiarato di controllare sempre tutti i passeggeri del treno. Tuttavia, membri delle associazioni che operano al confine e che ogni giorno diventano testimoni oculari del blocco frontaliero antimmigrati, giurano di non essere mai stati sottoposti a tali verifiche.

In questa ricerca dell'immigrato, i francesi a volte inciampano in clamorosi errori. A pagarne le conseguenze sono persone in regola con la legge e con la sola sfortuna di sembrare migranti. Tra loro anche Daren. Lo incontriamo una mattina a Ponte San Luigi mentre cammina, a passo svelto, verso la polizia di frontiera italiana. "Mi hanno fatto dormire là dentro - ci spiega indicando il bunker - mi hanno preso sul treno, ma io non volevo andare in Francia. Vivo a Ventimiglia con la mia famiglia stavo solo andando a fare un concerto. Sono un cantante". Daren ha provato a spiegare le sue ragioni alla polizia francese, ma non è stato ascoltato.

Le cronache e le testimonianze dicono che i francesi non trattano certo i migranti con i guanti bianchi. Ne è la prova Abed, che ci rivela di essere stato fatto scendere dal treno e portato alla frontiera solo perché a un poliziotto il suo passaporto sembrava falso. "Lì hanno controllato i documenti e mi hanno detto che è tutto ok", sussurra.

Direte: si saranno scusati per l'equivoco e l'avranno riportato alla stazione. E invece no. Gli hanno solo indicato (malamente) la via e per poi rispedirlo indietro a piedi. E tanti saluti alla decantata bontà di Macron.

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