Il rinvio alla prossima settimana del previsto decreto per l'estensione del green pass al mondo della scuola dà l'esatta misura di uno stallo. Il nuovo decreto potrebbe anche solo contemplare, per insegnanti e Ata (amministrativi, tecnici, ausiliari), una «forte raccomandazione» a vaccinarsi, ma se il governo Draghi optasse invece per l'obbligo vaccinale, cedendo alle pressioni di molti soggetti, fra i quali l'Associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola (Anp), potremmo davvero vederne delle brutte. Gli stessi dirigenti scolastici sono tutt'altro che allineati. Un sondaggio che ha visto coinvolte 11.382 persone, lanciato negli scorsi giorni da un periodico di settore (La Tecnica della Scuola), indica in un misero 23,7% la percentuale dei presidi favorevoli all'introduzione della carta verde a scuola per lavoratori e alunni (dai 12 anni in su). La percentuale dei pro-Vax scende al 21,1% per i genitori ed è ancora più bassa per il personale Ata (20,3%) e per gli studenti (16,1%), mentre gli insegnanti si dichiarano a favore della vaccinazione in misura del 48,5% (i contrari sono il 50,6%).
La partita si farà particolarmente dura nei prossimi giorni. Dalla tabella diffusa il 23 luglio scorso dall'organo commissariale al comando del generale Francesco Paolo Figliuolo si evincono 222.132 non vaccinati (il 15,7% del totale) fra la popolazione scolastica, con il 100% comunque raggiunto fra dose unica e prima dose dal Friuli Venezia Giulia e dalla Campania, la regione con la percentuale più alta di vaccinati cui sia stata somministrata anche la seconda dose (96,37%; a ruota il Friuli col 92,92%, il Molise col 92,13%, la Lombardia col 90,60%). Il problema si pone soprattutto per quelle regioni che sono ancora abbondantemente sotto la media nazionale (84,83% per dose unica e prima dose, 78,78% per dose unica e prima e seconda dose). In testa c'è la Sicilia (56,95% e 53,58%), seguita dalla Provincia autonoma di Bolzano (62,08%; 53,67%) e poi da Liguria (65,24%; 39,75%), Sardegna (66,72%; 66,09%) e Calabria (68,37%; 62,98%).
Se i renitenti al vaccino non dovessero diminuire, e a meno di decidere di adottare provvedimenti ad hoc per le regioni di pertinenza, si prospetterebbe la soluzione più drastica. Per gli irriducibili contrari alla vaccinazione di massa nelle scuole arriverebbero così, salvo introdurre forme di riposizionamento o di demansionamento, le sospensioni dal servizio con decurtazioni dello stipendio (fino al licenziamento).
L'alternativa più «morbida» per evitare di inasprire ancor più gli animi, il ripiego su una didattica a distanza che ripeterebbe inevitabilmente i recenti fallimenti, costituirebbe lo scenario peggiore possibile per i milioni di giovani che a scuola devono (e vogliono) poterci tornare.E speriamo, nel frattempo, che le classi pollaio non si siano intanto evolute in classi sardine.
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