Fuga dei medici dal pronto soccorso di Lecce: "Turni massacranti"

Nessun riposo, personale ridotto e turni doppi al pronto soccorso più grande del Salento: i camici bianchi protestano e minacciano di dimettersi in massa

Fuga dei medici dal pronto soccorso di Lecce: "Turni massacranti"

Dimissioni di massa per i medici del pronto soccorso di Lecce, il più grande della provincia salentina. La decisione drastica non è ancora presa, ma è molto concreta se non si realizzeranno gli impegni presi dalle autorità locali nell'ultima riunione del 30 giugno.

Un’area Covid in ogni reparto ospedaliero dove poter ricoverare pazienti affetti dal virus pandemico, affidare alla guardia estiva i codici del pronto soccorso verdi e bianchi di bassa complessità, attivare i ricoveri in extralocazione quando non ci sono disponibilità di degenze, destinare un rianimatore e un infermiere di terapia intensiva ai codici rossi, quelli cioè più gravi, trasportare il paziente del 118 all’ospedale più vicino e non sempre a Lecce. Sono questi gli impegni presi nell'incontro tra una delegazione dei medici del pronto soccorso salentino, il direttore sanitario del presidio ospedaliero leccese Carlo Sabino Leo e i responsabili del Dea dottor Giuseppe Rollo e dottor Giuseppe Pulito, per affrontare le difficoltà ormai croniche che riscontra il personale del pronto soccorso del “Vito Fazzi” .

A spiegare a IlGiornale.it le ragioni dei camici bianchi è il dottor Raffaele Gaudio, dirigente nazionale di Fismu (federazione italiana sindacale medici uniti), componente della segreteria aziendale FVM (Federazione veterinari medici) Asl Lecce. Da anni il personale del servizio emergenza - urgenza dell'ospedale "Vito Fazzi" sopporta condizioni insostenibili con turni massacranti, organico ridotto all'osso, criticità che nel tempo si sono fatte sempre più pesanti con l'arrivo della pandemia sino ad oggi, con i picchi dei contagi e un incremento degli accessi durante la stagione turistica, che arriva a circa duecento utenti al giorno. Di questi circa quindici, venti sono Covid, un centinaio sono casi di bassa complessità, il resto rappresenta situazioni di emergenza grave.

In appena sei mesi sono andati via sedici medici lasciando giornate come quella odierna con un solo professionista ai codici verdi e uno al Covid. Negli ultimi anni molti giovani camici bianchi tra i trentacinque e i quarant'anni hanno lasciato, dopo aver prestato servizio nel pronto soccorso per due-tre anni a tempo determinato. Speravano nella stabilizzazione che però non è arrivata. L'Asl e la regione Puglia si sono fatti scappare risorse preziose che non vedevano una prospettiva futura. C'è chi ha preferito iscriversi alle scuole di specializzazione che nel frattempo hanno aumentato le borse di studio passando da novemila a diciasettemila l'anno, c'è chi ha intrapreso la strada della medicina generale e chi si é trasferito altrove.

Per lungo tempo in Puglia c'è stato il blocco delle assunzioni, prima per il vincolo di spesa, poi per un mancato aggiornamento della pianta organica ferma ad anni prima, quando risultavano una cinquantina di medici nel pronto soccorso leccese, il che ha fatto sì che la Regione bloccasse il concorso espletato, per esubero di personale. Poi a novembre 2021 il via alla selezione. Tredici i posti da medico specializzato in emergenza - urgenza da assegnare al pronto soccorso di Lecce, dove però ne sono arrivati appena tre.

In una lettera del quattro giugno scorso Gaudio aveva scritto ai vertici aziendali come si lavorasse da troppo tempo con doppi, tripli turni senza recupero, in assoluto sfregio dei contratti e del buonsenso. Durante la prima ondata Covid si riusciva a tenere seppure in cinque, sei medici e qualche difficoltà. Ciò grazie al fatto che la gente aveva capito che con i sintomi del Corona virus doveva rimanere a casa salvo sintomi gravi, ma poi con la vaccinazione i cittadini sono ritornati ad uscire e sono ripresi gli accessi al pronto soccorso per tutte quelle patologie che nel frattempo erano state trascurate, mentre i contagi da Corona virus sono tornate a salire.

Nella maggior parte dei casi il medico di turno non riesce a ricoverare per mancanza di posti, per fare qualche esempio la pnemologia leccese conta 18 letti per un bacino che ricopre tutto il Salento con una popolazione di 800mila abitanti. Il risultato è che i pazienti sono costretti ad aspettare su una barella nell'astanteria del pronto soccorso, tra un corridoio e un ambulatorio, a loro si aggiungono gli altri arrivi, trasformando così un servizio di emergenza in un reparto vero e proprio arrivando a contare anche 30 degenti. Manca poi un servizio sul territorio che eviti i tantissimi codici verdi che invece non sono da ricoverare e che pure rappresentano un buon 60 - 70% dell'utenza del pronto soccorso.

La maggior parte dei cittadini che arriva - ci spiega il dottor Gaudio - è anziana, con più patologie che spesso starebbe meglio in una residenza protetta che ha le sue lungaggini burocratiche e che prima di accogliere il paziente, richiede la domanda dell'assistente sociale, nel frattempo l'anziano sosta anche dei mesi nel pronto soccorso. Qui appena due Oss (operatori socio sanitari) devono assistere tutti coloro che sono di fatto ricoverati nel pronto soccorso, lavarli, dar loro da mangiare, gli infermieri devono sommistrare le terapie, un'attività che ha poco a che vedere con quella emergenziale.

A rendere paradossale la situazione è il trasporto in ambulanza dal pronto soccorso Covid del "Fazzi" al pronto soccorso pulito nel Dea, pochi metri distante, una traversata oceanica per gli esami diagnostici come tac e radiografie per i pazienti positivi al virus, che non potendo usufruire dei servizi dell'ospedale pulito, sono costretti ad essere trasportati in ambulanza nel Dea, dove oltre all' apparecchiatura pulita, si trova quella dedicata ai positivi. Tradotto significa che un Oss (operatore socio sanitario) deve salire sulla navetta sguarnendo il pronto soccorso Covid, dove nelle migliori delle ipotesi rimane un altro collega ad assistere i pazienti, mentre per chi ha bisogno di essere accompagnato per controlli strumentali i tempi si dilatano, aspettando che l' altro Oss torni dal Dea.

Quello che fa specie è che mentre medici, infermieri, Oss lamentano e denunciano per voce del loro primario Silvano Fracella le condizioni di lavoro che metteno a rischio i servizi assistenziali, l'assessore regionale alla salute Rocco Palese invita il medico all'aspettativa o al pensionamento, o nelle migliori delle ipotesi dà mandato all'Asl di effettuare gli ordini di servizio ai medici di altri reparti, per dare man forte ai colleghi in difficoltà, senza sapere che il

personale é spesso insufficiente. Una coperta troppo corta che rischia di strapparsi lasciando scoperta la sanità, con i medici che aspettano ancora per poco, poi se non cambia nulla si dimetteranno in massa.

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