La puntura, poi la febbre: 70enne morta di rickettsiosi

La settantenne era ricoverata da quattro giorni in rianimazione per via di una grave infenzione provocata da una puntura di zecca

La puntura, poi la febbre: 70enne morta di rickettsiosi

È morta nella tarda mattinata di oggi la 70enne di Ulassai, in Ogliastra, che da quattro giorni era ricoverata nel reparto di Rianimazione dell'ospedale di Lanusei (Nuoro) per via di una grave infezione - nota come rickettsiosi - provocata dalla puntura di una zecca. La donna, curata tempestivamente dai medici del nosocomio ogliastrino, non ha mai risposto alla terapia farmacologica.

La puntura della zecca

Stando a quanto riporta L'Unione Sarda, i fatti risalgono a qualche giorno fa. L'anziana si era accorta della puntura di zecca ma, non riportando sintomi, aveva ritenuto superfluo rivolgersi al medico. La situazione è precipitata lo scorso giovedì (2 giugno) quando la donna è arrivata all'ospedale di Lanusei, il Nostra Signora della Mercede, con febbre altissima, mal di testa, dolori muscolari e dolori alle ossa. Esami più approfonditi hanno confermato la presenza di una infezione in stadio avanzato: la rickettsiosi. La donna presentava un caso (raro) di coagulazione intravascolare che ha compromesso il funzionamento degli organi vitali. Il decesso è avvenuto stamattina, dopo quattro giorni di ricovero in Rianimazione.

Cos'è la rickettsiosi

Nota con il nome di "febbre bottonosa del Mediterraneo", la rickettsiosi è un'infezione ipercuta causata perlopiù dalla puntura di zecche e parassiti. Secondo quanto si apprende dal sito dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), generalmente la malattia ha un periodo di incubazione che varia fra 5 e 7 giorni dopo la puntura della zecca infetta. L'esordio dell'infezione è improvviso e i sintomi sono simili a quelli dell' influenza stagionale: febbre, mal di testa, dolori e malessere generalizzato.

Se diagnosticata tempestivamente, la rickettsiosi può essere trattata con una specifica terapia antibiotica che, nella maggioranza dei casi, garantisce la guarigione completa. Quanto alla letalità è inferiore al 3% delle segnalazioni. Le persone a rischio maggiore sono quelle in condizioni di salute già compromesse o laddove coestistano fattori di comorbosità.

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