Qual è il vaccino migliore? Ecco perché è impossibile stabilirlo

"Popolazioni differenti, periodo di osservazione, contesto geografico, caratteristiche demografiche e cliniche dei partecipanti": sono soltanto alcuni degli aspetti per cui è impossibile stabilire quale sia adesso il miglior vaccino anti-Covid

Qual è il vaccino migliore? Ecco perché è impossibile stabilirlo

"Per me Pfizer", "No no, io preferisco Moderna", "Macchè, il miglior vaccino sarà Johnson e Johnson, il monodose in arrivo": queste sono soltanto alcune delle conversazioni che si fanno in famiglia, in ufficio o al bar (quando ci si poteva andare) tra familiari, colleghi ed amici.

Qual è il vaccino migliore?

In base alle attuali conoscenze che vengono riportate dalle case farmaceutiche produttrici o, più semplicemente, alla "sensazione", la gente comincia ad avere delle preferenze che fanno propendere per un vaccino piuttosto che un altro. Il discorso, però, è molto più complesso di quanto si creda perché non si può, allo stato attuale, fare una classifica dei vaccini stabilendo quale sia il migliore semplicemente perché un vaccino migliore di un altro non c'è, non in senso assoluto. Ad esempio, un vaccino che offre una protezione del 70% contro il Covid-19 potrebbe essere uno strumento prezioso contro la pandemia di Coronavirus in Africa, soprattutto se quel vaccino è economico e non deve essere conservato a temperature estremamente fredde. Ma cosa succederebbe se un altro vaccino, più costoso da acquistare e da conservare, fosse efficace al 95%? "Dovremmo inviare il vaccino meno efficace in Africa? O dovremmo cercare un modo per rafforzare la cella frigorifera?", si domandano i ricercatori e leader di governo di tutto il mondo mentre fanno il punto della situazione sulla pandemia globale che ha ucciso più di 2,7 milioni di persone.

Perché è impossibile stabilirlo

Data la velocità della domanda e le scorte limitate, qualsiasi sforzo per classificare i vaccini dovrà tenere conto non solo dell'efficacia dichiarata ma anche delle forniture, dei costi, della logistica di implementazione, della durata, della protezione che offrono e della loro capacità di respingere tutte le varianti emergenti. Anche così, però, molte persone potrebbero trovare difficile distogliere lo sguardo dai risultati degli studi clinici che suggeriscono un divario di efficacia. Finora sono state somministrate più di 200 milioni di dosi di vaccini contro il Coronavirus e sono stati raccolti dati da studi clinici in diversi Paesi. I migliori risultati di questi studi suggeriscono una gamma di protezione: dal 95% di efficacia per un vaccino prodotto da Pfizer di New York City e BioNTech di Mainz, Germania, a circa il 70% suggerito dai risultati iniziali su un vaccino prodotto da AstraZeneca di Cambridge e l'Università di Oxford. "Potrebbe essere allettante, ma semplicemente non è possibile confrontare direttamente l'efficacia dei vaccini solo sulla base di quei risultati", afferma David Kennedy, Prof. di Ecologia e Malattie Infettive all'Università della Pennsylvania come viene riportato da un articolo pubblicato su Nature. "Ogni misura di efficacia è accompagnata da un grado di incertezza e gli studi potrebbero avere definizioni diverse di criteri importanti, come ciò che costituisce un attacco 'grave' di Covid-19 rispetto a uno 'moderato'", aggiunge.

"Il migliore? Quello disponibile quando è il mio turno"

Ma perché è così difficile classificare quale dei vaccini anti-Covid sia il migliore? "Perché cambiano le variabili da un Paese ad un altro. Ci si dovrebbe chiedere: migliore per cosa? Se il criterio è il vaccino con la massima efficacia (94-95%) ma è delicatissimo al punto di necessitare di ultra-congelatori in Paesi in cui la logistica non lo permette, questo vaccino non è di prima scelta", afferma in esclusiva per ilgiornale.it il Prof. Alessandro Diana, vaccinologo e docente di Medicina all'Università di Ginevra, in Svizzera. L'esperto ci spiega come, nello scorso mese di settembre, in un meeting con numerosi esperti nello sviluppo dei vaccini, sul proprio quaderno di appunti aveva scritto come tutti concordassero nel dire che, se per il mese di maggio 2021 ci sarebbe stato un solo vaccino efficace al 60%, sarebbe stato un miracolo. "Un vaccino efficace al 70%? Ma è ottimo! Non dimentichiamoci quanto sostenevano gli esperti a settembre 2020... Lo scopo globale della vaccinazione è quello di evitare le complicazioni (ricoveri e decessi) specialmente per le persone con fattori di rischio. Quindi, il miglior vaccino è quello disponibile al momento in cui mi sono deciso a vaccinarmi", specifica chiaramente il Prof. Diana.

Perché sono così difficili da confrontare?

"Gli studi clinici di valutazione della sicurezza ed efficacia dei vaccini sono stati condotti in popolazioni differenti per periodo di osservazione, contesto geografico, caratteristiche demografiche e cliniche dei partecipanti. L'efficacia osservata e la frequenza e tipologia di eventi avversi possono essere influenzate da molti fattori, tra cui l'età dei soggetti, il loro stato di salute, il tipo di virus circolante nel momento dello studio, le misure di contenimento in vigore", afferma in esclusiva per ilgiornale.it il Prof. Francesco Remuzzi, Direttore dell’istituto Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, che ci spiega anche come le stesse considerazioni e cautele vanno applicate nel momento in cui si paragonano le segnalazioni di effetti indesiderati o l'efficacia sul campo, nel corso delle campagne vaccinali. "Se un vaccino è offerto prevalentemente ad una popolazione mediamente più anziana e un altro ad una più giovane, gli effetti indesiderati possono essere differenti e lo stesso può avvenire per l'efficacia protettiva". Insomma, al momento non è possibile confrontarli tra loro, confronto che sarebbe possibile "solo con uno studio di comparazione tra vaccini differenti in gruppi con caratteristiche simili. I dati oggi disponibili documentano, in ogni caso, che per tutti i vaccini disponibili non ci sono differenze nell'efficacia di prevenire le formi più gravi di Covid-19 e i decessi, che è molto elevata", sottolinea Remuzzi.

"Approfondire le conoscenze". Nonostante il lancio di diversi vaccini, potrebbero ancora essere necessari dei mesi prima che possano essere classificati. "È in corso una campagna vaccinale a livello internazionale che ha già coinvolto e coinvolgerà decine di milioni di persone ed è possibile avere informazioni per approfondire meglio, sul campo e nella pratica, il profilo di sicurezza ed efficacia in termini relativamente brevi", afferma l'esperto, che riporta l'esempio delle analisi già disponibili in Israele e nel Regno Unito sull'impatto che hanno avuto le vaccinazioni fino a questo momento. "Ci sono possibili effetti indesiderati estremamente rari che possono essere osservati solo dopo che un numero molto elevato di persone è stato vaccinato. Questo avviene, però, con tutti i vaccini e i farmaci e il profilo di sicurezza è favorevole e sufficientemente indagato per tutti i vaccini", ci dice.

Il ruolo delle tempistiche. C’è un ruolo che hanno le diverse tempistiche con cui viene somministrato: ad esempio il Regno Unito ha iniziato AstraZeneca un mese prima di noi. "Quando il Regno Unito ha omologato l'Astra Zeneca con una procedura d'urgenza e malgrado la 'bocciatura' del primo studio fase 3 - ci dice il vaccinologo Diana - il loro sistema sanitario era al collasso. Bisogna agire, e la storia ha dato loro ragione compreso la decisioni di allungare l'intervallo della seconda dose dopo 8-12 settimane". In definitiva, allo stato attuale, una classificazione dei vaccini in base alla qualità (questo è migliore di quello e perché) non si può ancora fare.

"Direi di no e raccomanderei alle persone con fattori di rischio di non fare gli schizzinosi: ci saremmo accontentati di un solo vaccino efficace al 60%, non dimentichiamocelo. A mia madre con fattori di rischio direi di non aspettare perché 'il miglior vaccino è quello disponibile', come ho detto in precedenza", conclude.

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