Il coronavirus non lascerà l'Italia molto presto. Gli esperti parlano di una convivenza di "mesi", anche se fare previsioni sulla durata dell'epidemia è difficile.
"Abbiamo un numero non piccolo di casi", ha detto il direttore del Dipartimento di Malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, Giovanni Rezza, spiegado che in Italia "siamo arrivati alla seconda o terza generazione di contagi". Ma "il focolaio principale è circoscritto, quasi tutto riconducibile all'epicentro dell'epidemia nel Lodigiano, più due focolai piu piccoli in Veneto". E anche i nuovi contagiati sembrano provenire o avere legami con le zone epicentro dell'epidemia. Ma, per il momento, il virus non si ferma; "Ci aspettiamo ancora un certo aumento di casi finchè le misure prese non daranno gli effetti sperati". Dello stesso avviso, secondo quanto riporta Repubblica, è anche Guido Silvestri, a capo del dipartimento di Patologia alla Emory University di Atlanta: "Infetterà ancora tanta gente", prevede.
La primavera contro il virus?
Un aiuto a frenare il virus potrebbe arrivare dalla primavera. Secondo Silvestri, infatti, è "possibile che fattori genetici e/o ambientali (per esempio, temperatura più alta) possano in qualche modo limitare" la diffusione del Covid-19. È quanto sembrerebbe succedere nei paesi del Sud-est asiatico e non solo: "Penso a Indonesia, India, Thailandia, Bangladesh, Africa. Forse la temperatura gioca un ruolo nel limitare l'epidemia". E se la diffusione del coronavirus dipendesse anche da fattori ambientali, il caldo primaverile potrebbe attenuarla. Ma, specifica l'esperto, "al momento queste sono solo speculazioni e bisogna soprattutto prevenire nuovi contagi". Per capire l'andamento e la drata del virus, quindi, bisogna aspettare. Nell'attesa, l'unica cosa da fare è cercare di rompere la catena di contagi, con le misure che abbiamo disponibili ad oggi: diagnosi e quarantena. Inoltre, specifica Silvestri a Repubblica, bisogna lavorare per convivere con il virus: "Qui la preparazione del sistema sanitario per proteggere i più fragili farà la differenza" dice.
Il rischio di una mutazione
"Abbiamo scoperto due mutazioni genetiche interessanti del coronavirus". A renderlo noto è Massimo Ciccozzi, epidemiologo dell'Università Campus Bio-medico di Roma, che spiega di aver studiato "le mutazioni nel genoma virale del coronavirus messo a disposizione dei ricercatori cinesi". Così, i ricercatori hanno scoperto che il Covid-19 è diventato "più contagioso, ma meno letale rispetto alla Sars". Il tasso di letalità è, infatti, del 2,8%, contro il 9,8% della malattia che circolò tra il 2002 e il 2003. Ma il lavoro degli esperti non si ferma qui: "Stiamo anche andando avanti per capire se ci siano state mutazioni del virus dall'inizio dell'epidemia a oggi, e se magari ci possa essere un aumento della letalità". Le possibilità di mutazioni nel virus dall'inizio dell'epidemia ad oggi è un'altra variabile, che rende difficile effettuare previsioni sull'epidemia. Finora, l'Organizzazione mondiale della sanità ha escluso mutamenti consistenti, ma "più circola, più si replica". E la replica porta a mutamenti di "alcune lettere del suo Rna", in modo casuale: per questo, le mutazioni, spiega Ciccozzi a Repubblica, "possono essere dannose per l'ospite o anche no. Ma è comunque un rischio".
Per il momento, quindi, fare
previsioni sulla durata dell'epidemia è difficili, ma gli esperti sembrano concordare su un fatto: non durerà poche settimane e dovremo abituarci a convivere con il virus per mesi. Quanti, finora, non è possibile prevederlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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