Così Malta ignora i barconi. E i migranti arrivano in Italia

In aumento il flusso migratorio dal Mediterraneo verso l'Italia. Un ruolo importante in tal senso viene giocato da Malta che, sfruttando anche alcune pieghe del diritto internazionale, dirotta diversi barconi verso il nostro Paese.

Così Malta ignora i barconi. E i migranti arrivano in Italia

Il mese di maggio appena trascorso è stato caratterizzato da importanti numeri per quanto concerne il profilo degli sbarchi da parte dei migranti lungo le coste siciliane. Dati allarmanti che, anche per questa estate, terranno i riflettori accesi su quello che sarà il fenomeno migratorio nel Mediterraneo. In questo contesto del tutto delicato, non solo l’Italia dovrà preoccuparsi dei viaggi che partiranno dalle coste africane, ma dovrà anche stare sul chi va là nei confronti di alcuni Paesi membri dell’Unione Europea, uno in particolare: Malta. Già perché in più episodi, il ruolo di La Valletta è stato fondamentale per l’arrivo di migranti nel territorio italiano.

L’ultimo episodio è accaduto la notte scorsa. Ben 75 migranti, partiti dalla Libia, sono stati segnalati a bordo di un barcone in zona Sar Maltese ma, da parte di La Valletta, non è stato registrato alcun intervento. “Del barcone - spiega Alarm Phone su Twitter- si sono persi i contatti stamane alle 6.55, quando aveva raggiunto la zona Sar italiana a Largo di Lampedusa”. Sempre il network telefonico fa sapere di aver segnalato alle autorità maltesi la presenza dell’imbarcazione “ma non ci sono state reazioni” e adesso chiede l’intervento dell’Italia. Non è questo il primo episodio in cui i migranti che si trovano in piena zona Sar maltese vengono “spinti” nelle acque italiane.

Zona Sar maltese

Quegli episodi che testimoniano il ruolo di Malta

Senza andare lontano, basta ricordare gli episodi registrati in questo 2020. Era il 10 gennaio scorso quando la Sea Watch 3 è intervenuta nel Mediterraneo per prestare soccorso a 42 persone, partite dalla Libia, in piena zona Sar Maltese. Come la stessa Ong ha riferito su Twitter, l’imbarcazione con i migranti era stata segnalata già il giorno precedente “ma le autorità maltesi si erano rifiutate di intervenire nonostante quelle persone a bordo stessero correndo un serio rischio di ipotermia”.Dunque, già nei primi giorni del nuovo anno, il flusso migratorio dalla Libia dava un accenno di quanto sarebbe accaduto di lì ai mesi successivi fino ad ora. Meno di un mese dopo da quell’episodio, ovvero l’uno febbraio, un altro simile evento, sempre in zona Sar maltese.

A lanciare l’allarme è stata Alarm Phone attraverso Twitter. Il network telefonico ha annunciato di avere ricevuto una chiamata di aiuto da un’imbarcazione con a bordo 47 persone partite dalla costa libica. Sempre Alarm Phone, in quei momenti, ha dichiarato che le autorità di La Valletta erano state informate ma si erano rifiutate di comunicare se stavano avviando un'operazione di salvataggio o meno. Da qui l’appello a portare i migranti in Europa dopo il salvataggio. I protagonisti di questo della speranza erano partite da Zuwara, Libia, affrontando un viaggio di 30 ore e avevano dovuto fare i conti con un motore in avaria, senza salvagente. Il giorno precedente, Malta aveva anche rifiutato un porto sicuro ad Open Arms che navigava con 363 persone a bordo in condizioni di assoluta emergenza.

L'episodio dell'11 aprile 2020

Dopo questi episodi è stata registrata una “tregua” dei flussi migratori a causa del coronavirus. Tra le misure di contenimento dei contagi adottate in Italia, vi è stata la anche chiusura dei confini nazionali, porti compresi. In quest’ultimo caso, ad inizio aprile, l’Italia è stata dichiarata ufficialmente un porto non sicuro. La decisione è stata adottata dal ministero delle infrastrutture assieme ai ministeri degli Esteri, della Salute e dell’Interno: “Per l’intero periodo della durata dell’emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus Covid-19 – si legge nel documento–I porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di “Place of Safety” (Luogo sicuro), in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo, sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area Sar italiana”.

Ebbene, in barba al documento sopra citato, il 20 maggio scorso, la testimonianza di un video ha fatto vedere come la guardia costiera maltese avesse “spinto” un barcone in avaria con 101 persone a bordo verso l’Italia.

Dalle immagini pubblicate su Twitter da Alarm Phone, si vede che i migranti, alla vista del mezzo militare, si erano buttati in mare convinti di per poter salire sulla motovedetta. Invece i militari maltesi avrebbero fornito ai migranti dei giubbotti salvagente, un nuovo motore ed il carburante necessario, intimando agli sfortunati di raggiungere la Sicilia.

La questione della Sar maltese

Quella di Malta che manda verso l’Italia i barchini presenti all’interno della sua zona di competenza, non è però una storia nuova. Anzi, da quando il fenomeno migratorio è diventato una costante nelle estati del Mediterraneo, Malta ha sempre agito in questa maniera. A volte semplicemente evita di intervenire, altre volte nella migliore delle ipotesi le autorità di La Valletta, come nell’ultimo caso sopra richiamato, creano le condizioni per lasciare l’onere dell’intervento al nostro Paese. La ragione ufficiale di questo comportamento, ha spesso fatto riferimento alle dimensioni dell’arcipelago maltese, ritenute troppo modeste per poter assorbire anche piccole quote di migranti partiti dalle coste nordafricane. Secondo i vari governi di La Valletta che si sono alternati nei vari anni, non c’è spazio per accogliere tutti coloro che transitano all’interno della propria area Sar.

Ma è proprio su quest’ultimo punto che si concentrano le più importanti controversie. Le aree Sar sono quelle in cui un determinato Paese ha la competenza sulla ricerca e sul salvataggio marittimo. L’acronimo Sar sta infatti ad indicare “search and rescue” e la disciplina a livello internazionale è regolata dalla Convenzione di Amburgo, siglata nel 1979. In questo documento, che l’Italia ha ratificato nel 1989 e che è stato reso attuativo con il D.p.r. 662 del 1994, viene stabilito che ogni Stato deve assegnarsi un’area Sar di estensione tale da garantire un’effettiva risposta alle chiamate di emergenza. Un passaggio quest’ultimo, contenuto nel paragrafo 2.1.8 della convenzione di Amburgo. Il documento è stato ratificato anche da Malta, che però unilateralmente ha fissato una zona Sar molto più estesa delle dimensioni dell’arcipelago.

Basti pensare che le acque Sar maltesi arrivano a lambire anche le coste di Lampedusa e che, in proporzione, esse appaiono più estese del proprio territorio di almeno 100 volte. La Valletta ufficialmente ha una responsabilità sulla sicurezza e sul soccorsi in mare per un’area che confina con le acque tunisine ed arriva, sovrapponendosi in alcuni punti alla zona Sar italiana, fino alle acque greche. E quello che per Malta sembra a prima vista uno svantaggio, negli anni si è invece trasformato nella principale motivazione con la quale i governi di La Valletta hanno spesso lasciato l’onere dell’intervento all’Italia. Visto e considerato cioè che Malta non ha i mezzi per pattugliare ed intervenire in tutta la sua area Sar, allora è facile richiedere l’intervento della nostra guardia costiera a supporto.

Quelle questioni irrisolte

Una querelle, quella tra Roma e La Valletta, che nel corso degli anni non è mai stata risolta. Anche perché Malta ha fissato unilateralmente la propria zona Sar in un’area così vasta, in quanto le autorità dell’arcipelago ritengono di aver ereditato dal periodo coloniale inglese la cosiddetta Fir, ossia la Flight information region. Una zona di controllo del traffico aereo nel Mediterraneo centrale istituita da Londra quando possedeva le isole maltesi, che in linea teorica però nulla avrebbe a che fare con la Sar. Tuttavia, da La Valletta non sono mai arrivati segnali volti alla ridefinizione dei confini di propria competenza sulla ricerca e sul soccorso marittimo. Del resto, come detto, avere un’area Sar così vasta ha sempre dato il pretesto ai maltesi di chiedere l’intervento delle autorità italiane.

In tal modo Malta ha potuto lasciare gran parte dell’onere dell’emergenza immigrazione all’Italia. Questo vale sia per le imbarcazioni che autonomamente provano a raggiungere l’Europa e sia per le navi Ong, con queste ultime che più volte pur trovandosi in acque di competenza maltese non hanno mai ricevuto il via libera all’approdo da parte di La Valletta, attraccando dunque in Italia. Il caso sopra richiamato dell’11 aprile, è un episodio limite: in questa occasione infatti, Malta è sì intervenuta, ma ha fatto in modo che i migranti arrivassero ugualmente nel nostro Paese. E questo testimonia il clima che vige da anni nel Mediterraneo centrale, con i maltesi che si fanno scudo dell’estensione della propria area Sar per far sbrigare i vari soccorsi alle nostre autorità.

La beffa politica

Ed oltre al danno, negli ultimi giorni è subentrata la beffa. Il governo di La Valletta infatti, si sta avvicinando a quello di Tripoli: Robert Abela, premier maltese, ha incontrato nei giorni scorsi il premier libico Fayez Al Sarraj. I due hanno sottoscritto un memorandum proprio sull’immigrazione, il quale prevede collaborazione tra le rispettive autorità. E questo proprio in un momento in cui invece, al contrario, Tripoli chiede maggior sostegno in tal senso ad un’Italia accusata, tra le altre cose, di sostenere la missione Irini mal vista dai libici.

Missione a cui invece Malta ha deciso di ritirare il proprio appoggio. Appare evidente quindi come La Valletta stia prendendo spazio nel Mediterraneo centrale, beffando Roma dopo aver inviato verso il nostro Paese decine di migranti.

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