Quelle medaglie che portano i nomi dei nonni

È da lì che forse viene la passione. C'è qualcuno che ti ha messo sul tatami o ti ha visto dare calci all'aria quando eri bambino o ti ha insegnato, senza sapere dove saresti arrivato, a sollevare i pesi

Quelle medaglie che portano i nomi dei nonni

È da lì che forse viene la passione. C'è qualcuno che ti ha messo sul tatami o ti ha visto dare calci all'aria quando eri bambino o ti ha insegnato, senza sapere dove saresti arrivato, a sollevare i pesi. Magari è un nonno o una nonna, che nella vita contano e sono un rifugio. Ti rialzano quando cadi. Ti riconoscono nello sguardo. È la giornata mondiali dei nonni, ma non è solo un protocollo. C'è qualcosa di più nelle parole di chi stringe una medaglia e la dedica a loro. C'è che questa Olimpiade un po' fredda, in questa Tokyo senza code, arriva dopo una lunga stagione dove in tanti li hai visti cadere. È stata spazzata via una generazione, senza più fiato, senza la forza di un'ultima parola. Chi è rimasto è un sopravvissuto. Allora ti viene normale pensare a loro. È successo a tre medagliati italiani, un oro e due bronzi. Stai lì, sul podio, e cerchi lo sguardo di chi c'è e di chi è andato via. Vito Dell'Aquila viene da Mesagne, vicino Brindisi e dimostra meno dei suoi vent'anni. È nato il 3 novembre e ha vinto l'oro nel Taekwondo, categoria 58 chilogrammi. Da piccolo era spaesato e il padre lo ha portato in palestra, ma il suo primo tifoso era il nonno. Stesso nome e cognome. «È morto un mese fa, prima faceva tutto normalmente, poi è andato peggiorando e l'abbiamo perso. Ho pensato molto a lui, mi dicevo che non potevo mollare. Lui era sicuro che avrei vinto». L'oro è per lui. Mirko Zanni quando non alza il bilanciere porta gli occhiali. Ha alzato 322 chili, 177 solo nell'ultimo slancio. È di Pordenone e dopo trentasette anni riporta il sollevamento pesi sul podio. Non accadeva da Los Angeles 1984, con l'oro di Norberto Oberburger. Mirko dice: «Nell'ultima prova lui mi ha guardato da lassù». Certe cose si sentono. Odette Giuffrida è romana di Montesacro. Ha già vinto un argento a Rio. Questa volta è bronzo e mostra lo stesso sorriso.

È la prima volta che nel judo un'atleta europea vince due medaglie in diverse olimpiadi. «Mia nonna non c'è più, ma ho portato con me il suo rosario». Il nonno invece la aspetta a casa. E al telefono le ha detto: «Non importa il colore della medaglia, tanto a dipingerla ci penso io».

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