Reggia, ultima follia sindacale: ​"Il direttore lavora troppo"

A Caserta protesta contro il nuovo manager del monumento

Reggia, ultima follia sindacale: ​"Il direttore lavora troppo"

Se esistesse una multa per il Paese meno capace al mondo di valorizzare il proprio patrimonio artistico, l'Italia sarebbe in bancarotta, più di quanto già non sia. E se esistesse una super multa per il museo più inefficiente in proporzione alle sue potenzialità, la Reggia di Caserta sarebbe fallita più volte. E sarebbe da chiudere.Bisognerebbe chiudere la Reggia di Caserta per salvarla da se stessa, dalla propria stupidità, dai politici, dai sindacati. Come tutte le donne bellissime, la Reggia - patrimonio dell'Umanità, uno dei palazzi più belli del mondo - ha un talento naturale nel farsi del male. Anche solo di recente non si contano i titoli sui giornali, italiani e stranieri, per la scandalosa gestione di Caserta: le fontane storiche del Parco usate come piscine, il prato devastato dalla sporcizia dei pic-nic, suk di venditori abusivi fuori e dentro la Reggia, assemblee dei dipendenti che lasciano i turisti fuori dai cancelli... Il miglior campionario della peggiore gestione di un tesoro unico non in Italia, ma nel pianeta. Dovrebbero smontarlo mattone per mattone e rimontarlo in Cina: noi impareremmo la lezione, loro lo tutelerebbero meglio. Ieri il degrado e l'idiozia hanno toccato il fondo, che nel nostro Paese conosce ogni volta inedite profondità. Alcune sigle sindacali - Uil, Usb e Ugl - hanno firmato una lettera ufficiale, inviata al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, contro il nuovo direttore della Reggia, Mauro Felicori. I capi d'imputazione? «Permane nella struttura fino a tarda ora» senza averlo comunicato ai dipendenti. Lavora troppo «mettendo a rischio l'intera struttura». Non torna a casa sua a Bologna nemmeno i week-end.

Insomma, per i sindacati è una mina vagante da disinnescare.La colpa dello stakanovista Felicori, in fondo, è di aver preso troppo alla lettera il mandato assegnatogli dal ministro Franceschini con la recente riforma dei super-musei: risollevare la Reggia; incrementare il numero di visitatori; riorganizzare il servizio in ottica moderna; combattere il malcostume di custodi, dipendenti e faccendieri. Poi i sindacati si chiedono come mai in Italia tira brutta aria per loro. Si arroccano in situazioni indifendibili per raggranellare qualche tessera e difendere i propri privilegi. I Borbone, che nella Reggia ebbero dimora storica, saprebbero cosa fare di loro. Addetti alle stalle. Come massimo.«Questo direttore lavora troppo. Così non va». L'accusa sembra ridicola, in effetti lo è. «I sindacati che si lamentano di Felicori dovrebbero rendersi conto che il vento è cambiato. E la pacchia è finita», ha scritto subito su Facebook Matteo Renzi. Del resto fu lui a portarlo a Caserta, pochi mesi fa, quando fu scelta la squadra dei direttori dei 20 principali musei italiani. La stessa Susanna Camusso, la zarina dei sindacati, ha dovuto riconoscere su Twitter: «Si può sbagliare, ma quando si sbaglia bisogna riconoscerlo». Bontà sua. Più tardi il segretario della Uil Barbagallo ha annunciato la sospensione di tutti i suoi sindacalisti coinvolti, ricordando che «lavorare, e lavorare bene, è un dovere».

L'aspetto curioso della faccenda, peraltro, è che Mauro Felicori - 63 anni, già capo di gabinetto dell'ex sindaco di Bologna Walter Vitali, laureato in Filosofia ma non storico dell'arte, più un «economista della cultura» che direttore vecchio stampo di museo - è il perfetto uomo di apparato, un «vecchio» comunista, funzionario organico del Partito Democratico. Un uomo della migliore Sinistra. Ma a suo modo, un manager, uno che vuole far funzionare la Reggia, portare pubblico e, soprattutto, lavorare. Che per i sindacati è una cosa inaccettabile.

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