La Quarta Commissione parlamentare istituita per indagare sull'utilizzo dell'uranio impoverito in zone di guerra ha stilato la sua relazione finale che è stata approvata con 10 voti favorevoli e due contrari. Le "reiterate sentenze della magistratura ordinaria e amministrativa", si legge nel testo della relazione conclusiva, hanno "costantemente affermato l'esistenza, sul piano giuridico, di un nesso di causalità tra l'accertata esposizione all'uranio impoverito e le patologie denunciate dai militari o, per essi, dai loro superstiti. Per l'uranio è stato altresì riconosciuto sul piano scientifico, con la Tabella delle malattie professionali Inail approvata nel 2008, il nesso causale per la nefropatia tubolare".
Ma le conclusioni a cui è giunta la Commissione sono state rispedite al mittente dallo Stato Maggiore che in una nota spiega: "Le forze armate respingono con fermezza le inaccettabili accuse. Le Forze Armate italiane mai hanno acquistato o impiegato munizionamento contenente uranio impoverito. Tale verità è emersa ed è stata confermata anche dalle commissioni tecnico-scientifiche ingaggiate dalle quattro Commissioni parlamentari che, dal 2005 ad oggi, hanno indagato su tale aspetto" con "centinaia di ispezioni in siti militari, in aree addestrative e poligoni". E su questo tema è intervenuto anche il professor Giorgio Trenta: "Non ho mai detto che è responsabile dei tumori riscontrati nei soldati. Le mie affermazioni sono state travisate". "Il presidente della Commissione - ha spiegato Trenta - cita una perizia in cui affermavo che l'uranio al massimo poteva essere il mandante, non l'esecutore materiale.
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