Rezza del Cts: "Terapie intensive piene ma siamo al giro di boa"

Secondo il membro del Cts ne usciremo grazie ai vaccini, dato che tra aprile e giugno avremo a disposizione decine di milioni di dosi

Rezza del Cts: "Terapie intensive piene ma siamo al giro di boa"

Il fatto che la curva epidemica stia scendendo molto lentamente, nonostante le zone rosse e arancioni a cui siamo costretti, sarebbe dovuto alle varianti del virus. Giovanni Rezza, direttore della Prevenzione del ministero della Salute, membro del Comitato tecnico scientifico, ha spiegato al Corriere che la variante “inglese è più trasmissibile delle altre, come la brasiliana, concentrata fra Umbria, Lazio e Toscana. Gli interventi le stanno tenendo a bada ma con fatica. A gennaio queste mutazioni hanno cominciato a prendere il sopravvento in tutta Europa fino a sostituirsi quasi del tutto ai ceppi originari del virus. È stato più difficile contenere l’ondata”.

Ecco cosa accadrà adesso

L’esperto sembra però certo che grazie ai vaccini ne usciremo. E sul fatto che i reparti di terapia intensiva siano zeppi c’era da aspettarselo. Rezza ha infatti asserito che questo è il corso naturale delle epidemie. Ovvero, prima vi è l’aumento dell’Rt, poi l’incidenza dei casi, seguita dall’occupazione dei posti letto in ospedale e come ultimo passaggio la crescita del numero dei morti. Adesso però, sempre secondo le sue parole, adesso “siamo al giro di boa. Man mano che Rt e incidenza scenderanno, le rianimazioni cominceranno a liberarsi, le vittime caleranno. Ora il sistema sanitario sta soffrendo e sconta l’accumulo dei casi nelle scorse settimane”. Il professore ha ricordato che durante la pandemia Spagnola del 1918 vi furono due ondate naturali. Quelle dei nostri giorni relative al Covid-19 sono state corrette attraverso degli interventi umani come il lockdown. La prima fase, come ripercorso da Rezza, è stata quella di febbraio-marzo 2020, concentrata in particolar modo in alcune regioni del Nord Italia. Non vi è stato in quel caso un picco naturale, in quanto questo è stato interrotto con interventi duri, quale la chiusura delle attività e le limitazioni nei movimenti. Dopo un calo nella fase estiva, la seconda ondata è arrivata con la riapertura in autunno delle attività. Anche in questo caso, gli interventi dell’uomo hanno bloccato l’incidenza. La terza ondata è sostenuta dalla variante.

Ecco cosa ci dovremo aspettare adesso. “La lenta decrescita ha bisogno del contributo di tutti. Aprile sarà ancora un mese di restrizioni. L’esempio sono Israele e Gran Bretagna che hanno fatto dei vaccini una risorsa determinante. La parola d’ordine è vaccinare molto e molto in fretta per non permettere al virus, che replicandosi velocemente crea degli errori, di creare nuove varianti ha tenuto a precisare l’esperto che ha anche sottolineato che adesso abbiamo tre vaccini in uso e che a metà aprile arriverà anche il quarto, e altri due per l’estate. Insomma, tra aprile e giugno avremo a disposizione decine di milioni di dosi.

Rezza: "Immunità di gregge vaccinando il 67% della popolazione"

Se si riesce a immunizzare una grande parte della popolazione, si riescono a contenere i contagi e alleggerire il lavoro delle strutture ospedaliere che sono ora in affanno. “Il modello iniziale diceva che vaccinando 240mila persone al giorno, ne saremmo usciti fuori in 7-13 mesi. Ora siamo a 300mila inoculi al giorno, già un buon risultato. Raddoppiando, in pochissimi mesi avremo protetto i fragili, la pressione sugli ospedali diminuirà e potremo immunizzare i giovani, amplificatori dell’epidemia. La visione più ottimistica è raggiungere la cosiddetta immunità di gregge vaccinando il 67% della popolazione. L’esempio di Israele, tornato alla normalità, è a portata di mano” ha aggiunto Rezza che ha anche tenuto a dire che i risultati migliori si ottengono proteggendo prima i soggetti fragili, perché in questo modo si abbatte la mortalità.

Sul fatto che il vaccino AstraZeneca sia ancora sul banco degli imputati, il medico ha preso come esempio il Regno Unito che ha dimostrato che i benefici sono superiori ai rischi. Anche se, come da lui stesso sottolineato, gli eventi, seppur rari, di trombosi che hanno indotto altri Paesi a bloccare le inoculazioni negli under 55-60, non devono essere sottovalutati: “Dipende dall’agenzia europea Ema. Se dovesse pronunciarsi in modo diverso, Aifa ne prenderebbe atto. Tutto ciò che bisognerà fare verrà fatto. Siamo su una linea di estrema prudenza e tutela”.

Secondo Rezza non c’è motivo per cui coloro che hanno ricevuto la prima dose di AstraZeneca adesso cambino vaccino per il richiamo, “gli inglesi stanno facendo diversi trial per studiare combinazioni con vaccini differenti. È normale che gli schemi possano essere cambiati. Nel piano strategico nazionale è già prevista una certa flessibilità. Quando c’è abbondanza di dosi le strategie possono essere adattate alla realtà”.

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