Trattavano rifiuti speciali come se fossero materiali fertilizzanti e questo ha permesso di realizzare ingenti guadagni. Ma la loro attività era tenuta sott’occhio dai militari della guardia di finanza di Bari che questa mattina sono intervenuti applicando le relative misure cautelari. Sono sette le persone finite agli arresti domiciliari e nove i soggetti nei confronti dei quali è scaturito l’obbligo di dimora. Tutti sono coinvolti a vario titolo, nella commissione dei reati ambientali inerenti il traffico illecito dei rifiuti. Le persone raggiunte dalle misure cautelari sono residenti nel territorio della provincia di Foggia. Nell’ambito della stessa operazione, denominata “Bios”, sono state confiscate quattro società e altri beni per un valore totale di 26 milioni di euro. Le operazioni condotte dal nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza sono state coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della locale procura.
Nel corso delle indagini, gli inquirenti hanno avuto modo di osservare che i soggetti e le società coinvolte avrebbero trattato come “compost” ingenti quantitativi di rifiuti speciali che venivano conferiti da imprese della Campania, della Puglia, ma anche da enti locali. Il compost non è altro che un fertilizzante dotato di buoni elementi nutritivi che non possiede semi vitali infestanti. I rifiuti speciali, spacciati quindi per buon fertilizzante, circa 240mila tonnellate, venivano smaltiti illecitamente nei terreni agricoli di tutta la provincia di Foggia.
Per smaltirli, si simulava la vendita del presunto fertilizzante attraverso l’emissione di falsi documenti di trasporto e documenti contabili non corrispondenti alla realtà. La commercializzazione di quello che doveva apparire come un fertilizzante, veniva eseguita nei confronti di società che avevano cessato la loro attività o che non avevano a disposizione terre destinate ad accogliere il materiale in questione. Dunque i rifiuti venivano illecitamente abbandonati sui terreni agricoli che, il più delle volte erano di proprietà degli stessi indagati, con l’effetto di creare pesanti odori nelle zone adiacenti. Circostanza quest’ultima che ha sollevato le attenzioni e le lamentele da parte dei cittadini residenti nella stessa area presa in considerazione. Queste operazioni consentivano ai soggetti coinvolti di risparmiare le spese che avrebbero dovuto sostenere se avessero eseguito le corrette procedure di gestione di rifiuti prescritte dalla legge.
Di fronte all’accertamento di tali reati e alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, il giudice per le indagini preliminari ha disposto le misure cautelari nei confronti di sedici persone e la confisca dei beni.
Nello specifico si tratta di 255 terreni agricoli per una complessiva superficie di 353 ettari circa; 48 immobili; 4 complessi aziendali; quote societarie; conti correnti e depositi finanziari, nonché beni mobili e beni mobili registrati. È stato anche disposto il sequestro di carattere “impeditivo” sui terreni e sui mezzi di trasporto utilizzati per la commissione dei reati ambientali, per un valore di circa tre milioni di euro.
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