Lo sfogo della Bergamo ferita: "Abbiamo conosciuto l'inferno"

È stata una delle zone più colpite dall'emergenza coronavirus. Ora anche Bergamo e i comuni vicini ripartono con prudenza. I sindaci: "C'è voglia di ripartire, ma dobbiamo elaborare quello che è successo"

Lo sfogo della Bergamo ferita: "Abbiamo conosciuto l'inferno"

Il Covid-19 li aveva messi in ginocchio. L'immagine dei camion dell'esercito che sfilavano nel centro di Bergamo portando via le salme delle vittime è rimasta indelebile. Ma ora, anche i comuni della Bergamasca stanno cercando di ripartire, come il resto di Italia.

Lo scorso 18 maggio ha riaperto il cimitero della città e, per la prima volta dopo mesi, i cittadini hanno potuto tornare sulle tombe dei propri cari, con tutte le misure di sicurezza, dagli ingressi limitati al distanziamento. Lo stesso giorno è stata celebrata anche la prima messa, con la partecipazione di 9 fedeli. Poi, hanno riaperto anche bar e ristoranti, adattandosi alle nuove misure, che prevedono il rispetto del distanziamento di almeno un metro tra un cliente e l'altro.

Ma le immagini dell'emergenza e il senso di impotenza sembrano essere ancora vivi nei cittadini dei paesi tra i più colpiti d'Italia dalla pandemia da nuovo coronavirus. "Colpita ma non affondata- ha commentato il sindaco di Bergamo, Giogio Gori- Bergamo ha pagato un prezzo altissimo a causa dell'epidemia". Nel cimitero della città, nei mesi dell'emergenza sono state sepolte 1.300 person mentre, secondo quanto riferisce Lapresse, le tumefazioni sarebbero state 2.300. Ora, c'è voglia di ricominciare e la città "deve provare a rimettersi in piedi. Il virus non è scomparso, siamo costretti a conviverci", anche se "il ricordo di quei giorni non passerà mai". La moglie del primo cittadino, Cristina Parodi, aveva espresso ad AdnKronos il dolore e lo strazio nel vivire quella situazione di emergenza. "Il ricordo bisogna farlo rimanere per non dimenticare e onorare la quantità di morti avuti qui - spiega Parodi - A Bergamo ci sono stati più morti di qualsiasi altra città al mondo, più di Wuhan. Tutta la generazione di anziani, papà e nonni se ne è andata".

Ai microfoni di Lapresse ha parlato anche l'assessore ai Servizi cimiteri di Bergamo, Giancarlo Angeloni, descrivendo una "ripartenza impaurita". Ma, ha aggiunto, "è giusto che sia così", perché prima la situazione "ha bisogno di rielaborazione" da parte di tutti i cittadini che ora sembrano avere dentro "molta rabbia, perché pensano (e forse hanno ragione) di aver vissuto un'ingiustizia".

Ma non è solo la città di Bergamo ad essere stata duramente colpita dalla pandemia. Ad Alzano Lombardo, a pochi chilometri dalla città, ci sono stati 108 decessi in tre mesi, contro i 9 dello stesso periodo del 2019. "Il dolore è ancora forte, grandissimo- spiega a Lapresse il sindaco Camillo Bertocchi- Le scene che abbiamo vissuto mi fanno venire ancora i brividi. Il momento più drammatico è stato quando non avevamo l'ossigeno. Non c'erano le bombole". Una situazione che ha fatto crescere nell'amministrazione un "senso di totale impotenza e abbandono".

Drammatica anche la situazione a Nembro, altro paese della Bergamasca, dove nel mese di marzo sono morte 158 persone: "Abbiamo perso un pezzo della nostra comunità", dice il vicesindaco Massimo Pulcini. E ammette: "Sicuramente qualche errore è stato fatto, anche in termini di assistenza territoriale e organizzazione. Marzo ha mostrato l'inferno più grande".

E ora, nei comuni della Bergamasca è iniziata una lenta e prudente ripresa: negozi, bar e ristoranti hanno rialzato le saracinesche, mentre cimiteri e chiese hanno riaperto le porte. E i primi cittadini invitano a mantenere rigorosamente le misure di sicurezza necessarie, per evitare che la situazione possa aggravarsi nuovamente.

"C'è voglia di ripartire", spiegano i sindaci, specificando però che i bergamaschi hanno anche bisogno di "elaborare quello che è successo". Così, tra dolore e fatica, la Bergamasca si rialza, dopo il duro colpo causatole dal Covid-19.

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