Gli assalti alla frontiera nell’enclave spagnola di Melilla e la ripresa degli sbarchi di centinaia di migranti sulle coste italiane potrebbero essere soltanto la scintilla di un falò pronto a divampare a causa dell’instabilità che oggi si sposta da nord a sud per effetto della guerra in Ucraina. La partita dello sblocco dei porti ucraini è centrale per scongiurare il rischio di carestia negli Stati africani maggiormente dipendenti dal grano che arriva da Kiev, che potrebbe provocare sommosse e instabilità politica come fu per le Primavere Arabe.
Oggi secondo gli esperti ci sono tutti i presupposti perché il Mediterraneo, da culla di civiltà e culture, si trasformi in un mare minaccioso, foriero di "flussi destabilizzanti". Non solo persone ma armi, droga, contrabbando, terrorismo. Insomma, mentre il mondo guarda alle minacce che arrivano da Est c’è un continente che rischia di esplodere sotto la spinta della fame, della povertà e dei cambiamenti climatici. Una minaccia che, secondo l’ambasciatore Giampiero Massolo, diplomatico ex direttore del Dis e presidente dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), è cresciuta con il progressivo disimpegno degli Stati Uniti dal cosiddetto Medio Oriente allargato.
Una tendenza "destabilizzante", accompagnata dal progressivo "avvitamento su sé stesso dell’Occidente" accentuato dalla pandemia. "Il caso francese, con la perdita di rilevanza in Mali e Algeria, è emblematico, così come la timidezza tedesca e la distrazione degli inglesi impegnati ad inseguire la Brexit", fa notare il diplomatico ai componenti della commissione Esteri del Senato. Un atteggiamento che ha consentito a potenze come Cina, Turchia e come la stessa Russia, di guadagnare terreno sulla sponda sud del Mare Nostrum. "Mosca negli ultimi anni – ha spiegato Massolo durante l’audizione a Palazzo Madama – è stata presente dove l’Occidente le lasciava spazio e dovunque si potesse fare la differenza con mezzi minimi, come in Siria, Libia e Mali, e continuerà a farlo".
Le conseguenze economiche del conflitto in Ucraina ora rischiano di destabilizzare ulteriormente l’Africa, con la conseguenza di dare il via a "flussi migratori diversi da quelli che abbiamo gestito finora". E quindi difficilmente controllabili. A pesare c’è anche la crisi energetica: per i Paesi produttori l’aumento del costo degli idrocarburi sarà un vantaggio, per gli altri un ulteriore elemento di debolezza. Il programma di investimenti da 600 miliardi di dollari per le infrastrutture annunciato al G7 tedesco in risposta alle "Vie della Seta" cinesi è un passo in avanti, ma bisognerà sviluppare politiche più efficaci che passano dai partenariati con i Paesi di origine dei flussi, promozione della cultura e di investimenti.
Un’attenzione da parte dell’Europa e dell’Occidente che, sottolinea l’ambasciatore, non deve essere più "episodica" ma che deve diventare "assidua". L’Ue deve fare la sua parte, attenuando "le discrasie fra gli Stati membri e mettendo un freno alle spinte nazionaliste". E poi moltiplicare gli sforzi per prevenire un’aggravarsi della situazione, arrivando a raggiungere nel più breve tempo possibile un accordo per sbloccare i porti. Senza contare che, sottolinea il diplomatico parlando con ilGiornale.it, "il meccanismo di una eventuale intesa tra russi e ucraini mediata dall’Onu e da una o più potenze garanti potrebbe rappresentare uno schema da replicare per giungere finalmente ad un cessate il fuoco".
Su questo punto, la partenza di una nave mercantile con 7mila tonnellate di grano dalla città ucraina di Berdyansk, occupata dai russi nella giornata di giovedì, assieme all'annuncio di Mosca del ritiro delle truppe dall'isola dei Serpenti al fine di "non ostacolare gli sforzi dell'Onu per liberare le esportazioni alimentari ucraine", potrebbero essere segnali positivi per il raggiungimento di un'intesa in tempi ragionevoli.
"L’immigrazione è un problema complesso e quindi va affrontato nei suoi diversi aspetti: ci sono i profughi politici, che vanno accolti, i migranti economici che il nostro mercato del lavoro può inglobare in parte e i flussi incontrollati", spiega la presidente della commissione, Stefania Craxi, di Forza Italia, al termine dell’audizione.
"Da un lato – prosegue la senatrice – bisogna lavorare sullo sviluppo dei Paesi rivieraschi in modo tale che possano assorbire la forza lavoro che tende a scappare e dall’altro dobbiamo pretendere che questo lavoro venga fatto con una strategia attenta e precisa da parte di tutta l’Europa, sia riguardo l’accoglienza sia riguardo lo sviluppo dei Paesi da cui i migranti partono per mancanza di opportunità".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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