"Desirèe fu stuprata da vergine": ora medico smentisce i pusher

Al processo per la morte della 16enne, il medico avrebbe confermato la possibilità che la ragazza fosse ancora vergine al momento dello stupro. Il padre: "Ho cercato di salvarla"

"Desirèe fu stuprata da vergine": ora medico smentisce i pusher

"Desirèe Mariottini era vergine quando è stata violentata". Lo aveva ipotizzato il medico legale dopo aver effettuato l'autopsia sul corpo della 16enne trovata morta in uno stabile abbandonato a San Lorenzo, il 18 ottobre del 2018.

E ora, secondo quanto riporta il Messaggero, l'ipotesi sarebbe stata riconfermata ieri, a Rebibbia, davanti ai giudici della III Corte d'Assise, nel processo per la morte della ragazza. La 16enne non sarebbe stata pronta a tutto pur di procurarsi la droga e non si sarebbe prostituita e il medico legale che ha svolto l'autopsia, sentito ieri insieme all'anatomopatologo, ha confermato che le lesioni sul corpo di Desirèe sono compatibili con una violenza sessuale e avrebbe anche riferito la possibilità che la ragazza fosse ancora vergine al momento dello stupro, date le "lesioni all'imene".

Al processo ha parlato anche il papà di Desirèe, Gianluca Zuncheddu, che tra le lacrime ha detto: "Ho cercato di salvarla ma non ho potuto fare niente". L'uomo ha riferito ai giudici di aver notato un cambiamento in sua figlia e di aver trovato una carta stagnola bruciata, ma non avrebbe potuto fare nulla, dato il divieto di avvicinamento verso la madre della 16enne, sua ex compagna.

Sul banco degli imputati ci sono quattro cittadini africani: si tratta di Alinno Chima, Mamadou Gara, Yussef Salia e Brian Minthe, tutti accusati di omicidio volontario, violenza sessuale aggravata e cessione di droga a minori. Intanto. la Cassazione ha confermato la custodia cautelare in carcere per Alinno Chima, detto Sisco, dichiarando inammissibile il ricorso dell'imputato contro l'ordinanza del Riesame che stabiliva la necessità della custodia cautelare in carcere. I giudici hanno riferito che "il rinvenimento delle tracce biologiche di 'Sisco'" su uno dei flaconi di metadone "costituisca conferma" della disponibilità di tali flaconi. Inoltre, la Corte ha ritenuto valido il rischio "del pericolo di fuga e di reiterazione nella commissione di reati".

Al processo sono stati sentiti anche i familiari di Desirèe, tra cui la mamma Barbara, le zie e la nonna, che hanno ricostruito i giorni precedenti alla morte della 16enne. Commosse, le 4 donne hanno ricordato il carattere timido e riservato della ragazzina: "Evitava anche di spogliarsi davanti a noi - avrebbe detto la zia, secondo il racconto del Messaggero - Non era drogata, no. Io ho undici anni più di Desirée. Eravamo come sorelle. Da piccole ci scambiavamo i giocattoli, da grandi i vestiti. La portavo a vedere le mostre di Monet. Non aveva mai avuto un fidanzato, mai intimità. Me lo avrebbe detto, mi confidava tutto".

"Non era una tossicodipendente- avrebbe detto ai giudici la madre- esageravo nei racconti perché speravo che così attivassero più ricerche e soprattutto che potesse intervenire un giudice che la costringesse ad andare in una comunità per minori problematici".

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