Case popolari ai rom: il flop del "patto" del Comune

Aumentano le richieste dei rom e sinti nella Capitale, nonostante il piano d'inclusione quinquennale si sia dimostrato un flop senza precedenti

Case popolari ai rom: il flop del "patto" del Comune

Scadrà questo mese il progetto di Roma Capitale volto al superamento e all'inclusione nella società di persone di origine rom e sinti. L'ambizioso piano quinquennale (2017 - 2022) che avrebbe dovuto includere i nomadi - ormai stazionati a Roma - nella società si è dimostrato un fallimento totale. I numeri relativi ai grandi campi autorizzati sono stati forniti dal rapporto ufficiale dell'ex ufficio di scopo - aperto dall'ex sindaco Raggi e chiuso da Gualtieri - (Lombroso, Gordiani, Salone, Candoni, Castel Romano, Salviati, Barbuta e Monachina, gli ultimi due chiusi lo scorso anno) fanno paura e danno l'idea di come Roma non sia per nulla una città inclusiva.

Il dato più preoccupante

Su 6.997 colloqui avuti con i nomadi, il personale dell'ufficio e degli enti coinvolti nell'attuazione del progetto quinquennale, i "patti di responsabilità" sottoscritti sono stati soltanto 79, appena poco più dell'1%. Se si considera, secondo quanto riporta il report, che in media sono stati svolti cinque colloqui per adulto residente nei campi, si arriva a un numero di patti firmati vicino al 6%. Il dato è preoccupante, l'adesione e la firma del patto avrebbe dato accesso a tutti queste persone a tutte le forme di sostegno previste.

I dubbi sul contenuto del patto

Su cosa contenesse realmente questo patto non si sa molto. Il comune di Roma l'ha spiegato in maniera molto vaga con una nota ufficiale: "Dovrà contenere le indicazioni relative al nucleo familare, il percorso con la declinazione di tutte le attività da espletarsi nelle diverse fasi, le responsabilità assunte da ciascun sottoscrittore, con la costruzione di percorsi flessibili, determinati da regole, valori e principi, e personalizzabili secondo le capacità e le potenzialità dell'individuo". Gli interventi di regolarizzazione documentale e amministrativa sono stati molti di più (1.507) come quelli per i buoni spesa (1.152); sorprendentemente gli interventi sanitari invece sono stati ben 3.665."Le azioni che hanno avuto maggiore impatto - dicono dall'associazione 21 Luglio - nella fuoriuscita dai "campi rom" sembrano essere quelle indirizzate all'inserimento nelle graduatorie per l'emergenza abitativa e quelle mirate a favorire l'accesso ad alloggi dell'edilizia residenziale pubblica".

Le case popolari assegnate

La lettura di questa nota trova conferma nei dati: nel periodo che va dal 2017 al 2021, le case popolari assegnate agli abitanti dei campi sono state 148, il 10,5% del totale delle assegnazioni a Roma. La percentuale delle assegnazioni a rom e sinti è stata in crescita costante per tutto il periodo: il valore più basso è stato registrato infatti al 2017 con un misero 2,3%, il picco si è registrato invece nel primo semestre del 2021, con 25 alloggi Erp, su 85 totali, assegnati ai nomadi: ben il 28%. Le famiglie che hanno trovato un'altra soluzione abitativa sono state 147, di cui 56 con il contributo economico per l'affitto e 23 in co-housing.

Fino a questo momento la giunta del nuovo sindaco Roberto Gualtieri si è limitata a riproporre bandi molto simili rispetto a quelli già precedentemente proposti

dalle precedenti amministrazioni, al fine di dare continuità ai servizi già avviati, con la scadenza del progetto iniziato dalla sindaca Raggi va chiarito quale direzione sarà intrapresa dal nuovo governo della Capitale.

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