Roma, a via Barberini i negozi chiusi sono diventati rifugi per i clochard

Complice la crisi e il caro affitti a via Barberini la maggior parte delle attività hanno abbassato la serranda. E ora i locali abbandonati sono diventati rifugi per i senzatetto

Roma, a via Barberini i negozi chiusi sono diventati rifugi per i clochard

L’insegna della sede della SyrianAir è coperta di polvere. Pochi metri più avanti si fa fatica a guardare attraverso la vetrina di quella che un tempo doveva essere una farmacia. Via Barberini oggi è una via fantasma dove il tempo sembra essersi fermato. Di quella strada elegante e piena di vita resta soltanto il ricordo. Un ricordo offuscato, come le vetrine dei negozi vuoti da mesi.

Non importa se qui siamo nel cuore di Roma, a due passi dalla Via Veneto della dolce vita e a poche centinaia di metri da via del Corso: colpa della crisi e degli affitti troppo alti, molte attività sono state costrette ad abbassare la serranda. Ovunque campeggiano i cartelli affittasi, ma di locatari non c’è neanche l’ombra. “Qui si parte da 7mila euro al mese per pochi metri quadri, la maggior parte delle aziende non ce la fanno a sostenere cifre del genere”, commenta David Di Veroli, titolare di un negozio di abbigliamento. “La maggioranza degli immobili – ci spiega - è di proprietà di grandi costruttori che non hanno interesse ad abbassare il prezzo”. Così i locali sono rimasti vuoti, e si sono trasfomati in piccole discariche e ricoveri per i senzatetto che vagano per la città.

All’altezza del civico 68 una clochard romena ha sistemato cartoni e coperte tra la grata e la porta di un locale commerciale che assomiglia ad una ex gioielleria. “Di giorno va in giro a chiedere l’elemosina, poi di notte torna e si mette a dormire qua”, ci dice Rosario, un senza fissa dimora italiano che ha sistemato i suoi pochi effetti personali sul basamento di travertino del negozio a fianco. “Anche io passo la notte qui”, ci confessa. Come lui ce ne sono altri, confermano i commercianti che cercano di sopravvivere in una strada che romani e turisti non percorrono quasi più. “È normale, se vedi l’immondizia vai da un’altra parte, il passaggio diminuisce e quindi calano anche gli affari”, si lamenta Aldo Msellati, storico orologiaio della Capitale, nominato cavaliere del lavoro dopo aver eseguito il restauro dell’orologio ad acqua del Pincio.

“La situazione in questa via è disastrosa, la nettezza urbana non passa mai, siamo totalmente abbandonati, i sacchi neri si accumulano davanti ai negozi per giorni”, gli fa eco Di Veroli. E per ovviare al problema c’è addirittura chi ha iniziato ad usare i locali sfitti come magazzino per la spazzatura. Il risultato è che al posto delle vetrine chic ora ci sono cartoni, bottiglie vuote e cataste di immondizia. Uno spettacolo indecoroso per residenti e turisti. “Qui è una catastrofe”, commenta un professionista che lavora nella zona. “Quelli che consideriamo Paesi del Terzo Mondo ormai ci hanno abbondantemente superato”, ironizza davanti ad un cumulo di pattume. “In passato siamo stati costretti a tenerci i rifiuti all’interno del locale per non lasciarli davanti al bar - spiega la proprietaria di una caffetteria bio – con tutti i problemi che questo comporta”. “Siamo stati costretti a farlo visto che sarebbe stato paradossale tenere la spazzatura accatastata davanti alla porta di un’attività incentrata sul rispetto dell’ambiente”, continua.

Le innumerevoli segnalazioni e richieste di intervento sono cadute nel vuoto e i pochi superstiti, armati di pazienza, cercano di andare avanti in un viale spettrale dove ormai il degrado ha preso il sopravvento.

“Alcuni angoli sono diventati veri e propri bagni per i senzatetto e ormai i turisti fotografano solo la monnezza”, denunciano dalla gioielleria Msellati, mentre all’angolo con piazza Barberini un clochard prepara il suo cartone per la notte. Siamo nel cuore della Città Eterna, ma questa è solo la brutta copia di una Roma che ormai non esiste più.

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