Rosa Bazzi, ucciso l'ergastolano di cui era innamorata

Sembrava una coppia affiatata quella formata da Olindo Romano e Rosa Bazzi, gli autori della strage di Erba: le loro strade si sono infine divise in carcere

Rosa Bazzi, ucciso l'ergastolano di cui era innamorata

Rosa Bazzi ha lanciato un grido di dolore per la morte del detenuto Marco Alberti, l'ergastolano di cui era innamorata. Ricordiamo che la 56enne sta scontando la pena dell'ergastolo presso il carcere di Bollate in quanto autrice (assieme al marito Olindo Romano) della famigerata strage di Erba. La donna, una volta venuta a conoscenza dell'uccisione di Alberti, è sprofondata nella disperazione più totale. Rosa aveva riposto in Marco quell'amore di donna che nei riguardi di Olindo era oramai svanito. Il 60enne è morto lo scorso 16 dicembre, sembra che avesse fatto tornare il sorriso sul volto di Bazzi dopo tanto tempo. Il settimanale Giallo parla di una voglia di vivere ritrovata, tanto da spingere Rosa a chiedere al tribunale di sorveglianza la semilibertà per motivi di lavoro. In realtà, i giudici non si sono ancora espressi sulla richiesta della donna, ma questo elemento è divenuto di secondaria importanza dopo la notizia del decesso di Alberti.

Rosa Bazzi: la perdita del suo nuovo amore, chi era Marco Alberti?

Marco Alberti, detto Mirko, originario di Verona, era stato condannato all'ergastolo per un omicidio compiuto nel 1998. L'uomo, che si trovava in semilibertà, è stato travolto ed ucciso da un'autovettura a Corsico, nell'hinterland milanese. Al momento dell'uccisione, Alberti stava percorrendo a piedi la statale 494. Il suo investitore è un ragazzo di 30 anni che, dopo l'incidente, si era fermato a soccorrere l'uomo, ma il suo intervento è stato del tutto inutile. Il 60enne è morto in ospedale a causa delle gravi ferite procurategli dall'impatto con l'auto. Marco Alberti poteva uscire durante il giorno, con l'obbligo di rientro in carcere in orario serale. Aveva fatto perdere la testa a Rosa Bazzi.

I due si erano conosciuti quando Rosa aveva iniziato a lavorare come volontaria presso il laboratorio del cuio della sezione maschile del carcere di Bollate. Marco Alberti fu ritenuto colpevole dell'uccisione del pregiudicato trentino Antonio Panazzo, freddato con tre colpi di pistola nell'aprile del 1998. Dopo l'omicidio, Alberti ne bruciò il cadavere, occultandone i miseri resti in una discarica sita sotto un cavalcavia in provincia di Verona. Il criminale venne incastrato dagli inquirenti dopo un'indagine durata 2 anni, quando venne identificato il corpo senza vita di Panozzo.

Marco, una volta arrestato, chiese uno sconto di pena divenendo collaboratore di giustizia. Nonostante ciò, i giudici della cassazione confermarono ad Alberti la condanna al carcere a vita. Tuttavia, nell'estate del 2019 era riuscito ad ottenere la semi-libertà grazie alla buona condotta.

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