Salvini, il vescovo scarica Famiglia Cristiana: "Non è voce della Chiesa"

Adriano Tessarollo, vescovo di Chioggia, si discosta dalla copertina di Famiglia Cristiana contro Matteo Salvini

La copertina di Famiglia Cristiana contro Matteo Salvini
La copertina di Famiglia Cristiana contro Matteo Salvini

C'è un vescovo che non condivide la posizione di Famiglia Cristiana. Anzi, che non nasconde una "certa simpatia" Matteo Salvini anche se, come ovvio, non ne condivide tutte le posizioni.

Adriano Tessarollo, vescovo di Chioggia, nei giorni della polemica sul "vade retro Salvini" della rivista, si era lasciato andare ad un commento che non aveva lasciato spazio all'immaginazione. Ed era una netta presa di posizione contro la redazione. "Ritengo stupido - aveva scritto - identificare Famiglia cristiana con tutti i preti. Smettiamola con questa mentalità 'collettivizzante'... I giudizi generalizzanti di categoria sono la cosa più malevola e offensiva che uno possa fare".

In una intervista al Corriere (rilanciata su Fb dallo stesso ministro dell'Interno), il vescovo ribadisce il concetto. "Famiglia Cristiana è una rivista - dice - che ha la sua redazione; che all’interno della storia cattolica ha un suo spazio, ma non è la voce della Chiesa nella sua interezza". Insomma: non parli per tutti i cristiani. I quali, è inevitabile, in qalche misura avranno pure votato per la Lega. Perché sebbene il voto dato a Salvini potrà anche essere "di pancia", magari soffia su sentimenti di chiusura, ma - continua il prelato - "non è detto che sia irrazionale. Allora bisogna chiedersi: cosa dobbiamo fare per riportare serenità tra le persone e nei ragionamenti. Quella copertina, insomma, "Io non l’avrei fatta così. Cosa si voleva sottolineare?".

Sulla questione immigrazione, Tessarollo si discosta dall'apertura indiscriminata delle frontiere. "Si deve intanto cercare di far avere loro diritti e dignità nelle terre d’origine - spiega - Poi, certamente, bisogna accogliere, ma una volta accolto va data la possibilità di un lavoro dignitoso, di una casa, di poter pensare a una vita dignitosa. Non ci dimenticheremo certo di chi è in situazione di gravità, non ci gireremo di fronte a chi deve essere salvato dalle acque, daremo la nostra mano, ma è solo il primo passo. Rimane tutto il resto, che è il di più".

E cioè, non è possibile "tenere le persone in queste circostanze (nei centri di accoglienza, ndr) per due, tre anni. Così le si espone a disprezzo e ostilità, anche perché quelle condizioni espongono al rischio di cercare espedienti: spaccio, furti...".

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