Il mancato assorbimento del reato di stalking in quello più grave di omicidio volontario è alla base della condanna all'ergastolo nei confronti di Vincenzo Paduano, ex fidanzato di Sara Di Pietrantonio. L'uomo, ex guardia giurata, uccise la ragazza senza alcuna pietà per un amore oramai non più corrisposto. Paduano, il 29 maggio 2016, tramortì, strangolò e diede alle fiamme la povera Sara nel quartiere della Magliana. La seconda corte d'assise d'appello di Roma che lo scorso 11 settembre ha chiuso il nuovo processo di secondo grado, ha spiegato dettagliatamente all'interno delle motivazioni il perché i reati in questione siano del tutto svincolati.
Come si legge dall'agenzia AGI, la corte ha recepito il suggerimento da parte della cassazione circa la rideterminazione della pena da aggravare, passando di conseguenza dalla condanna a 30 anni di reclusione al carcere a vita. Nella vicenda giudiziaria in questione, il reato di atti persecutori ha una valenza del tutto autonoma e indipendente rispetto a quello d'omicidio, di proporzioni ben maggiori rispetto al primo. È tuttavia da riconoscere l'atteggiamento morbosamente persecutorio da parte di Vincenzo Paduano nei confronti di Sara Di Pietrantonio, atto ad impaurire e a limitare la libertà della sventurata.
Sara Di Pietrantonio: le dichiarazioni dell'avvocato Iasonna
La sentenza sul caso di Sara Di Pietrantonio è un punto di riferimento per molte donne che hanno vissuto (o vivono) una situazione molto simile a quella della studentessa 22enne uccisa dall'ex fidanzato Vincenzo Paduano. Prima di essere strangolata e bruciata dall'ex ragazzo, Sara visse per anni l'incubo dello stalking da parte del suo aguzzino. L'avvocato Stefania Iasonna, legale di parte civile della madre di Sara, ha spiegato: "Una tortura psicologica, attraverso un controllo pressante e una sistematica demolizione della sua identità".
L'ex guardia giurata che il 29 maggio del 2016 aggredì e uccise la giovane Sara, è stato condannato all'ergastolo. I giudici hanno riconosciuto nei confronti di Paduano la separazione dei reati di stalking e omicidio. Il primo non può essere assorbito nel secondo. A stabilirlo una sentenza da parte della corte di cassazione che ha chiesto un nuovo processo d'appello per il giovane. L'appello bis ha inoltre aumentato la gravità della pena: da 30 anni di reclusione al carcere a vita.
L'avvocato Iasonna ha precisato: "Nel caso di Sara la corte di cassazione ha riconosciuto il reato di atti persecutori come autonomo rispetto all’omicidio aggravato dallo stesso reato. Una sentenza storica, che potrà rappresentare un precedente anche in termini di prevenzione".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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