Almeno la metà degli 800 correntisti italiani di Panama hanno fatto la voluntary disclosure.
Secondo quanto risulta a ItaliaOggi sono infatti poco meno di 500 le persone fisiche che hanno regolarizzato con la collaborazione volontaria i loro patrimoni off shore a Panama, creando uno scudo alle contestazioni fiscali. E proprio sui correntisti italiani di Panama l’Agenzia delle entrate può giocare in casa. I dati sui contribuenti italiani che hanno "espatriato" fondi a Panama l’Agenzia delle entrate potrebbe già averli sulla scrivania senza fare appelli alle autorità panamensi con cui al momento non è operativo nessuno accordo di scambio di informazioni. La questione, quando si parla di contrasto all’evasione fiscale internazionale e di scambio di informazioni, ha la sua base nella capacità di analizzare l’informazione e spesso non si riesce a vedere quello che si ha già in casa.
Un primo passo dunque è la messa a fuoco sulle banche dati italiane, partendo, per esempio, da quella dell’unità di informazione finanziaria (Uif) senza bussare alla porta del consorzio internazionale di giornalisti, che si è visto recapitare oltre 11 milioni di file da setacciare, per raccogliere le prime risposte. Un ulteriore punto di vista, cui attingere per effettuare uno screening di contribuenti italiani con Panama, è proprio la voluntary disclosure. L’Agenzia delle entrate ha reso noto, infatti, il 9 dicembre 2015 che da Panama sono stati fatti emergere 150 milioni, lo 0,25% di 60 mld di patrimoni emersi. Una briciola all’apparenza rispetto al 69,63% emerso dalla vicina Svizzera.
Ma dietro quei 150 milioni ci sono i nomi di non si sa ancora bene quanti contribuenti italiani che magari sono anche presenti nelle liste della società hackerata Mossack-Fonseca e, per il solo fatto di aver fatto la voluntary disclosure, con un salvacondotto fiscale di non poco conto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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