Sciacalli da cacciare e leggi da incapaci

Quattordicimila euro al mese, più varie prebende, senza lavorare in generale e certamente durante il periodo di lockdown non bastavano a cinque deputati che, si scopre, hanno fatto domanda di accedere ai sussidi

Sciacalli da cacciare e leggi da incapaci

Quattordicimila euro al mese, più varie prebende, senza lavorare in generale e certamente durante il periodo di lockdown non bastavano a cinque deputati che, si scopre, hanno fatto domanda di accedere ai sussidi - poche centinaia di euro al mese - previsti dai decreti emergenza Covid per chi era rimasto senza lavoro e stipendio. Lo rivela l'Inps, che getta il sasso ma ritira la mano. I furbetti del Covid sono infatti per ora senza nome, anche se non credo che rimarranno anonimi a lungo. Probabilmente i cinque non hanno commesso alcun reato - magari nella vita privata sono professionisti che in quei mesi non hanno fatturato - e questo già la dice lunga su come siano pensate e scritte le leggi di questi incapaci, perché permettere che agli aiuti possa accedere gente che comunque guadagna dieci volte lo stipendio medio di un italiano è scandaloso oltre che immorale.

Accattoni è la giusta definizione di questi signori o signore che siano. Tra i tanti modi di fare soldi attraverso la politica, questo mi sembra il più meschino. Per prendere una tangente ci vuole coraggio e talento, un talento criminale ma pur sempre talento. Sottrarre risorse ai bisognosi quando si è con il sedere ben al caldo è semplicemente stupido e vigliacco. Sarà a norma di legge, ma mi ricorda tanto quell'infermiere di un reparto di rianimazione Covid che sottrasse il bancomat a un ricoverato e prelevò tremila euro.

Attenzione, l'Inps non è uno spettatore neutro della partita politica. È un attore al servizio del governo, che per di più nel film Covid ha recitato una pessima parte, dando prova di non essere all'altezza del ruolo, per esempio nell'erogazione della cassa integrazione. Possibile quindi che la decisione di rendere noto il misfatto faccia parte di un regolamento di conti che poco ha a che fare con la morale, e il fatto che Di Maio sia stato il più lesto a saltare sullo scandalo è un indizio in tal senso.

Ciò nulla toglie alla gravità di ciò

che è successo. Consiglio agli interessati di uscire allo scoperto, non sperino di cavarsela con semplici e patetiche scuse o arzigogolate spiegazioni. Gente così, chiunque sia, non può stare in Parlamento un giorno in più.

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