La scommessa del destra-centro

Oggi vedremo quali risorse e quali provvedimenti il governo di centro-destra, pardon di destra-centro, di Giorgia Meloni riuscirà a mettere in campo per far fronte al caro bollette

La scommessa del destra-centro

Oggi vedremo quali risorse e quali provvedimenti il governo di centro-destra, pardon di destra-centro, di Giorgia Meloni riuscirà a mettere in campo per far fronte al caro bollette, all'inflazione, al rischio di collasso del nostro sistema produttivo dovuto alla crisi energetica. Scopriremo se oltre ai 10 miliardi di euro lasciati in eredità da Draghi saranno trovate altre risorse: per quest'anno forse si arriverà a 15 miliardi grazie al calcolo dell'andamento positivo del Pil nel terzo trimestre; per il prossimo la Nadef dovrebbe contenere uno scostamento del bilancio superiore al 3,4% nel rapporto deficit-Pil immaginato dal precedente governo arrivando al 4,5% (circa 20 miliardi di euro a disposizione in più). Se questo è il quadro economico, estremamente rigido (ieri il Premier è andato a Bruxelles a sondare gli umori Ue), bisognerà, per venire incontro a famiglie e imprese, individuare degli strumenti aggiuntivi a cominciare dalla riduzione del cuneo fiscale in busta paga, o alla rottamazione o cancellazione delle cartelle esattoriali, o, più in generale, a misure che mirino alla «pace fiscale».

Proprio il fisco sarebbe potuto essere fin dall'inizio il cavallo di battaglia con cui il governo Meloni poteva marcare una «discontinuità» con il passato sulla vera emergenza, cioè l'economia. È l'argomento identitario del centro-destra per eccellenza, addirittura la questione su cui è nato quasi trent'anni fa. Solo che era il marchio di origine appunto del centro-destra, la nuova formula della coalizione, cioè il destra-centro, invece, ha altri tratti distintivi più affini appunto alla destra, cioè predilige la filosofia Law&Order. Non è un caso che l'esecutivo sia partito con il decreto legge sui «rave», abbia ingaggiato un nuovo braccio di ferro con l'Unione sull'immigrazione (visto l'atteggiamento della Germania è stata cosa buona e giusta), e abbia posto - in ossequio al pallino «liberale», si fa per dire, della destra degli ultimi due anni - le tematiche del Covid legate ai No-Vax (il reintegro dei medici che hanno rifiutato il vaccino).

Tutti argomenti che esistono, ci mancherebbe. Ma, ad esempio sui «rave», forse bastava intervenire a legislazione vigente, o con un provvedimento ridotto nelle implicazioni per evitare di doverlo riscrivere dopo pochi giorni. Ma quel tema è appunto identitario, serviva da grancassa, per cui un intervento più modulato non sarebbe servito allo scopo. Perché bisognava offrire già nel primo consiglio dei ministri l'immagine di una «discontinuità» pure con il centro-destra, invertendo gli elementi della formula in destra-centro. Al costo di mettere in imbarazzo l'anima liberale e garantista della coalizione, a cominciare dal ministro della Giustizia Carlo Nordio.

Eh sì perché la vera scommessa di Giorgia Meloni è quella di governare questo Paese non più con un «approccio» moderato, ma con un'identità marcata di destra. «Mi dovete avvertire - è la preghiera che rivolge quotidianamente alle persone più vicine - se cambio». Questa è la novità. In quasi trent'anni di bipolarismo si sono succeduti governi - a parte i «tecnici» - egemonizzati, a destra come a sinistra, o da un centro liberale (Berlusconi), o da un centro cattolico- post-democristiano (Prodi, Letta, Renzi).

A questa casistica non appartengono il governo D'Alema (primo e unico governo finito male guidato da un ex-comunista) o i governi giallo-verde o giallo-rosso di Conte che hanno fatto provare al Paese l'emozione di correre a 300 km all'ora sull'orlo di un precipizio. Ora tocca alla Meloni e il tempo dimostrerà se si è trattato di una scommessa vincente, o di un azzardo.

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