Scuola, che orrore gli scioperi che costringono i bimbi a casa

La protesta dei sindacati per la riapertura delle aule produce l'effetto opposto: dove il personale aderisce allo sciopero, alunni costretti a restare a casa

Scuola, che orrore gli scioperi che costringono i bimbi a casa

“Sinceramente, che senso ha? Dopo oltre un mese di didattica a distanza, i bambini sono tornati in classe lunedì e dopo quattro giorni hanno di nuovo trovato gli istituti chiusi”. Non si dà pace Michela, giovane mamma di due figli: la provincia di Perugia è stata zona rossa per diverse settimane dall’inizio di febbraio, causa variante inglese, e le scuole sono rimaste in larga parte sbarrate a taghe alterne. La serrata ha investito a vario titolo infanzia, elementari, medie, superiori. Dopo tante polemiche sulla Dad e sull’importanza dell’insegnamento in classe, Michela pensava che non ci sarebbero stati altri motivi per lasciare i pargoli a casa. E invece…. Invece stamattina ha trovato l’istituto di uno dei due figli chiuso causa sciopero: “Il personale Ata ha aderito alla protesta e non ha aperto l’istituto”, dice Michela. E tanti saluti alla didattica in presenza.

Qualcosa di simile è successo anche in Toscana, e forse altrove, anche se non ovunque visto che molto dipende dalle adesioni nelle varie scuole. Giulia, tre figli, li ha dovuti tenere tutti a casa causa proteste. “Servissero almeno questi scioperi - dice al Giornale.it - Se portassero all'ottenimento dell'attenzione e della cura di cui la scuola ha bisogno, allora li capirei… Il fatto è che creano solo disagio alle famiglie e non a chi potrebbe fare qualcosa”. Il logico ragionamento che Michela e Giulia fanno è semplice: “In un anno come questo”, la vera protesta sarebbe “andare a scuola”. Non restare a casa e costringere i bimbi a saltare un ulteriore giorno tra i banchi.

A indire la mobilitazione, come comunicato dal Miur, sono stati i Cobas - Comitati di Base della Scuola e il Saese - Sindacato Autonomo Europeo Scuola ed Ecologia. Se i secondi tra le motivazioni hanno inserito anche l’ottenimento della dieta dei gruppi sanguigni (sic), i Cobas hanno puntato l’attenzione sulle risorse da destinare alla scuola. Nell’ordine: ridurre a 20 il numero massimo di alunni per classe e a 15 in presenza di alunni diversamente abili; garantire la continuità didattica e la sicurezza, assumendo con concorsi per soli titoli i docenti con tre anni scolastici di servizio e gli Ata con 24 mesi; massicci interventi nell’edilizia scolastica per avere spazi idonei ad una scuola in presenza e in sicurezza. Inoltre, tra le altre cose Cobas vorrebbe pure il mantenimento dell’apertura in presenza almeno del 50% nelle superiori e totale negli altri ordini durante le restrizioni, a meno ovviamente di lockdown generalizzati stile 2020. Tradotto: se sono aperti i negozi, lo stesso deve valere per le aule.

Tutte cose giuste, per carità. Il problema qui però è il metodo, non il merito. In pratica i sindacati indicono una protesta contro la dad e la chiusura delle scuole, provocando in alcuni casi la chiusura degli stessi istituti che vorrebbero riaprire.

È un controsenso. Davvero non esiste altro modo per far sentire le proprie ragioni? Michela è diretta: “Si lamentano della dad e ora che finalmente eravamo tornati in presenza, indicono uno sciopero. Non ci sono parole”.

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