Quel salvacondotto ai migranti ​che piace tanto alle toghe rosse

Su Questione giustizia, rivista di Md, il giudice Martina Flamini ha espresso apprezzamento per una sentenza emessa dalla corte di Napoli riguardo la vicenda di un immigrato pachistano

Quel salvacondotto ai migranti ​che piace tanto alle toghe rosse

Non bastano le ondate di immigrati, alcuni anche positivi al coronavirus, che stanno arrivando in Italia dalle coste del nord Africa in un momento delicato visto che siamo ancora alle prese con l’emergenza sanitaria legata a Covid-19. Ora il nostro Paese rischia di dover accogliere clandestini da ogni angolo di mondo che fuggirebbero dalla malattia. Una possibilità, questa, più remota, soprattutto se farà giurisprudenza la sentenza emessa il 25 giugno scorso da una corte napoletana con la quale si è stabilito che un cittadino pachistano ha diritto al riconoscimento della protezione umanitaria perché nel Punjab, regione da cui proviene, il virus si sta diffondendo rapidamente e le locali strutture sanitarie non sono adeguate a fronteggiare l'emergenza.

Una sentenza, svelata ieri da La Verità, che potrebbe creare un precedente con il quale si spalancano le porte d’Italia a imponenti flussi di irregolari. Eppure le toghe rosse di Magistratura democratica sposano la decisione del Tribunale di Napoli. In pratica, accogliere tutti quelli che vivono in Paesi dove le strutture sanitarie non sono all'altezza. Una bella cosa aiutare tutti, certo. Ma questo sogno utopico si scontra con la realtà. L’Italia non potrebbe reggere ad un flusso imponente di immigrati. A dire il vero, neanche la Ue potrebbe affrontare una situazione simile senza la collaborazione di altre potenze mondiali. E se poi l’epidemia dovesse divampare in Africa? A quel punto si aprirebbero scenari da incubo.

La sentenza della corte di Napoli potrebbe fare giurisprudenza e diventare la decisione sulla quale fondare altre sentenze che, di fatto, spalancherebbero le frontiere a contagiati asiatici e africani. Su Questione giustizia, rivista di Magistratura democratica, il giudice a Milano, Martina Flamini, ha manifestato apprezzamento per la teoria dei colleghi partenopei spiegando come ci siano"numerosi gli spunti rilevanti da approfondire". Ad esempio, "l'estensione del contenuto del dovere di cooperazione del giudice, il rapporto tra valutazione di credibilità ed esercizio del predetto dovere di cooperazione istruttoria, la rilevanza di un fatto sopravvenuto quale l'emergenza sanitaria ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, il rapporto tra condizione di vulnerabilità e giudizio di comparazione". Il collegio napoletano aveva ritenuto non credibile il racconto del pachistano nella parte relativa alle ragioni che lo avevano spinto a lasciare il suo Paese ma ha esercitato il potere istruttorio di cooperazione ritenuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

Inoltre, La Verità sottolinea che la questione al Covid non era neppure stata segnalata dal difensore dell'immigrato. I giudici di Napoli hanno deciso di effettuare un approfondimento sulle misure sanitarie pachistane in modo autonomo. "La giurisprudenza di legittimità- ha precisato la Flamini- è, sul punto, giunta a conclusioni non sempre omogenee". In alcune decisioni della Suprema corte, i giudici hanno basato la valutazione sull'attendibilità del richiedente asilo e, se questa era in discussione, era ritenuto impossibile un approfondimento istruttorio. E la richiesta veniva bocciata. In altre decisioni, invece, hanno affermato che il giudizio di scarsa credibilità sui fatti a sostegno della domanda da rifugiato politico"non può precludere la valutazione, da parte del giudice, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, delle diverse circostanze che concretizzino una situazione di vulnerabilità". Ed è questa’ultima la linea, adattata all'emergenza Covid, seguita dai giudici napoletani e apprezzata da Md.

Per valutare la condizione di "vulnerabilità" del pachistano, il giudice di Md ha spiegato che "sono state indicate fonti (aggiornate a pochi giorni prima del deposito del decreto) che testimoniavano un elevato numero di persone positive al virus e di pazienti ricoverati, nonché una forte diffusione proprio nell'area di provenienza del ricorrente". Inoltre lo stesso magistrato ha sottolineato che "il Tribunale ha poi fatto riferimento a un rapporto pubblicato dall'Easo (l'ufficio europeo per il sostegno all'asilo, ndr) dal quale emerge come più del 65 per cento della popolazione rurale non abbia accesso alle strutture sanitarie di base e come i servizi sanitari per i più poveri siano diventati scarsi". Il rapporto citato, però, è di ben 5 anni fa. Un po’ datato.

Secondo l'esponente di Md, in questo contesto il respingimento del pachistano "vedrebbe fortemente compresso il diritto fondamentale alla salute". "La condizione di vulnerabilità- ha aggiunto la Flamini- è stata valutata in modo non atomistico, ma unitamente al percorso di integrazione compiuto in Italia" e soprattutto "in applicazione del noto giudizio comparativo”. Proprio la comparazione con la situazione nel Paese d'origine viene sottolineata più volte nella parte finale del commento alla sentenza. "In molte pronunce le domande volte a ottenere la protezione umanitaria vengono rigettate proprio all'esito di un giudizio comparativo effettuato senza considerare che la condizione di vulnerabilità che avrebbe portato al riconoscimento della tutela è del tutto estranea a quelle situazioni di fatto (l'integrazione sociale e lavorativa) che hanno portato la Suprema corte a delineare il predetto criterio", ha affermato ancora la Flamini.

"La comparazione con l'attuale livello di integrazione sociale in Italia- ha concluso l’esponente di Md- è del tutto

irrilevante, atteso che queste sono situazioni di per sé costitutive di un presupposto per la protezione umanitaria". In pratica, una sorta di salvacondotto che potrebbe aprire le porte d’Italia a flussi migratori biblici.

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