Libertà e giustizia sono, nella società di massa, in conflitto. La libertà privilegia le differenze; la giustizia le nega. Le differenze favoriscono il progresso; l'eguaglianza privilegia la continuità. L'una, l'eguaglianza, è figlia della cultura moderna e contemporanea, nasce con la rivoluzione francese e si sviluppa nel socialismo; l'altra, la libertà, produce continuità e ha il suo fondamento nella democrazia liberale. Il conflitto ha le sue origini nella rivoluzione francese, che predicò e cercò di attuare l'eguaglianza. Le differenze hanno il loro fondamento nella libertà. Tradotto in termini sistemici, il conflitto è fra democrazia e liberalismo.
La democrazia liberale del Novecento ha cercato di conciliare i due termini. La democrazia liberale cerca di essere, al tempo stesso, liberale e egualitaria. Ma là dove si cerca di imporre per legge l'una o l'altra, di fatto una finisce sacrificata. La massima eguaglianza pone in secondo piano la libertà. La massima libertà fa lo stesso con l'eguaglianza. Gli Stati Uniti d'America - che privilegiano il concetto di libertà - sacrificano l'eguaglianza. La società americana è progressista, nel senso che produce progresso, ma non è egualitaria, proprio per la contraddizione che non lo consente. L'etica protestante definisce una benedizione divina la ricchezza, che, però, produce diseguaglianza, anche se favorisce il progresso. Le società europee, figlie della rivoluzione francese e nipoti del socialismo che ne è scaturito, promuovono l'eguaglianza e rallentano il progresso. Gli uomini non sono, di fatto, uguali; c'è chi è più capace e chi meno; il più capace ne trae vantaggio nei confronti del meno capace. È una legge di natura. Per questo, la democrazia liberale colloca gli uomini su una base paritaria di fronte alla legge. Ma imporre per legge l'eguaglianza di fatto, mortifica la libertà. Infatti, le società di socialismo reale non sono libere, ma egualitarie di fatto. Churchill, che era liberale, sosteneva che l'eguaglianza delle società di socialismo reale era nella povertà.
Chi ci è vissuto lo ha constatato empiricamente, nei fatti. Intendiamoci. Non sto magnificando le differenze sociali come un bene. Anzi. Differenze sociali troppo accentuate producono conflitti sociali pericolosi e non facilmente sanabili, o soluzioni che riducono gli spazi di libertà. Personalmente, ritengo che solo attraverso la libertà si realizzi anche l'eguaglianza di fatto, sociale, e che là dove manca la libertà non c'è neppure eguaglianza. Sono vissuto a lungo in Unione sovietica e lo posso testimoniare. Questa è anche la ragione per la quale fra libertà ed eguaglianza di fatto imposta per legge, scelgo la libertà temperata dalla giustizia sociale. Se gli uomini, di fatto, non sono uguali per natura, tanto vale, come suggeriva Archimede, accettarne le diseguaglianze naturali. Si commettono meno illibertà e anche meno ingiustizie. Del resto, il socialismo reale è fallito proprio perché non ha accettato le differenze naturali, facendo violenza alla natura dell'uomo.Per il mio Paese auspico, perciò, maggiore libertà nella giustizia sociale, cioè entro quelle regole che soccorrono i meno abbienti senza, con ciò, mortificare le libertà. La soluzione della conciliazione fra libertà e giustizia sociale è stata, del resto, un'invenzione del liberalismo inglese, con Beveridge.
La Gran Bretagna è un Paese libero, ma anche un Paese attento alle diseguaglianze sociali quando superano certi livelli di guardia. Quando li hanno superati, è andata al governo la signora Thatcher, che ha provveduto a ripristinare un sano equilibrio fra l'una e l'altra. La stessa cosa è accaduta negli Stati Uniti con la presidenza Reagan. Da noi, un certo conformismo di sinistra li ha tacciati entrambi di reazionarismo. Ma né la Thatcher, né Reagan sono stati due reazionari, bensì due progressisti nell'accezione migliore del termine. La Gran Bretagna si è ripresa dalla crisi nella quale l'aveva gettata un eccesso di socialismo laburista; gli Usa, sono diventati la prima potenza mondiale.
Mi piacerebbe, quindi, che la nostra cultura politica, ancora fortemente influenzata dall'esperienza sovietica, riflettesse su questo fatto, liberando la società civile dagli eccessi vincoli che ne condizionano lo sviluppo e, con esso, le libertà. È chiedere troppo?piero.ostellino@ilgiornale.it
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