Senza prove le crociate alimentari degli inglesi

Una guerra ostinata, ai grassi saturi. Combattuta con forza, fin dagli anni '70 nel mondo anglosassone, in nome di un'alimentazione corretta. Al punto da introdurre linee guida che esortavano a limitare il consumo di questi nutrienti (presenti in burro, carni rosse, prodotti caseari), per ridurre il rischio di malattie coronariche. Raccomandazioni che si sono rivelate però senza un solido fondamento scientifico. Il dato emerge da un recente studio britannico, guidato da Zoe Harcombe dell'Institute of Clinical Exercise and Health Science, University of the West of Scotland, Hamilton, Lanarkshire (UK) e pubblicato sull'autorevole British Medical Journal. Il lavoro, una revisione sistematica e meta analisi, ha messo in luce i difetti scientifici, alla base delle linee guida pubblicate trent'anni fa nel Regno Unito: furono introdotte pur in mancanza della necessaria procedura di controllo randomizzato (randomised controlled trial RCT), indispensabile per questo tipo di studi. Solo 2.467 le persone coinvolte, tutte di sesso maschile. Per gli autori della ricerca: «Appare incomprensibile che siano state fatte queste raccomandazioni sulla dieta per 220milioni di americani e 56milioni di inglesi, visti i risultati negativi registrati su un basso numero di individui che, tra l'altro, già non erano in salute». Per questo «non avrebbero dovuto essere pubblicate, perché prive di una robusta evidenza scientifica». I giornali inglesi, dalla BBC al The Guardian e altri tabloid, hanno ripreso ampiamente la notizia e hanno fatto il paragone con l'attuale crociata contro gli zuccheri, ineggiando alla salubrità della dieta mediterranea e respingendo un approccio volto alla criminalizzazione dei singoli nutrienti.

«Le conclusioni dello studio britannico sulla riduzione del consumo di grassi gettano più di un dubbio sulla validità delle linee guida Oms sull'alimentazione, accolte dai principali Paesi occidentali e confermano quanto noi sosteniamo da tempo», afferma, in una nota, il presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia. Obesità, cattive abitudini alimentari e stili di vita non appropriati, si contrastano con l'educazione alimentare e l'informazione al consumatore.

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