Un altro peschereccio sequestrato, altre ore di apprensione per alcune famiglie di pescatori. Non solo la crisi del settore, non solo ricavi sempre più sottili a fronte di costi sempre più elevati, a preoccupare i pescatori siciliani negli ultimi anni è stato soprattutto lo spauracchio di uscire al mattino e passare la notte dentro un carcere in nord Africa. Episodi del genere, soprattutto per le marinerie del sud della Sicilia, sono stati nell’ultimo decennio molto frequenti.
L’ultimo in ordine di tempo è avvenuto nelle scorse ore: così come riportato dall’AdnKronos, il peschereccio “Nuova Maria Lucia” è stato sequestrato da una motovedetta della Guardia Costiera tunisina. Una volta aver costretto l’equipaggio ad essere trainato dal mezzo militare di Tunisi, il peschereccio è stato scortato fin dentro l’imbocco del porto di La Goulette.
A bordo dell’imbarcazione siciliana erano in tre, di cui due di nazionalità italiana. L’accusa per loro è di aver pescato in acque tunisine, da qui il sequestro ed il trasferimento nel territorio del Paese africano. Non è dato sapere al momento se per i tre dell’equipaggio è scattato o meno il fermo, non sono emersi ulteriori dettagli dalle autorità di Tunisi.
Il caso è avvenuto a distanza di pochi giorni da un altro simile episodio, che ha avuto però come teatro le acque del mar Adriatico. Lunedì, in particolare, il motopesca “Furore” è stato sequestrato a 55 miglia a nord da Vieste dalla Guardia Costiera croata. L’accusa anche per l’equipaggio di questa nave ha riguardato la pesca in acque non italiane. Su questo episodio è montata nelle scorse ore una polemica politica, con il caso giunto in Parlamento grazie alla domanda portata al Question Time della commissione Esteri dal deputato di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro.
Per quanto riguarda invece il canale di Sicilia ed il Mediterraneo centrale, il problema principale è dato dalla non precisa definizione dei confini delle Zee, le Zone Economiche Esclusive, che spesso con arbitrio vengono allargate dalle autorità nordafricane. La questione riguarda maggiormente per la verità il contesto libico: Tripoli, già dai tempi di Muammar Gheddafi, rivendicava un’estensione delle proprie acque territoriali ben superiore a quella riconosciuta internazionalmente. E questo soprattutto in virtù della pretesa di considerare “baia storica” il golfo di Sirte.
Proprio per questo motivo quando le imbarcazioni italiane si avvicinano a quel punto, il rischio del sequestro da parte delle autorità libiche è molto forte.
È accaduto ad esempio nella scorsa estate, quando nel luglio del 2019 una motovedetta di Tripoli ha sequestrato il motopesca “Tramontana”. Ma gli episodi da questo punto di vista sono diversi, con i rappresentanti dei pescatori siciliani spesso sul piede di guerra per chiedere maggiore protezione da parte delle autorità italiane.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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