Associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori ed estorsione con metodo e finalità mafiosa. Queste sono le accuse che hanno portato il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catania ad emettere un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 38 soggetti nell’ambito dell’operazione chiamata “Overtrade” condotta dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale del Capoluogo etneo. Più di due anni di indagini per portare alla luce le illecite attività messe in atto dal gruppo dei Mascalucia e dei suoi associati all’indomani della scarcerazione di Salvatore Mazzaglia e del genero Mirko Casesa: due uomini al vertice della famiglia di Cosa Nostra catanese Santapaola – Ercolano.
Le indagini portate avanti dai carabinieri hanno consentito di dare conferma circa l’appartenenza mafiosa dei due ed in merito anche alla commissione di una serie di estorsioni con carattere mafioso, nonché reati in materia di armi e intestazioni fittizie di beni. A questi, si aggiunge anche un importante traffico di cocaina, hashish e marijuana. A tenere le fila dell’organizzazione mafiosa era Mazzaglia, fiancheggiato dal figlio Giovanni, dal genero Casesa e dal nipote Victor Mangano. Tra i fiancheggiatori spicca il nome di Elena Nicosia le cui funzioni erano quelle di mantenere i contatti con gli acquirenti della droga che trasportava e vendeva.
Le numerose “conoscenze” hanno consentito a Mazzaglia di attivare diversi canali di rifornimento di sostanza stupefacente in grandi quantitativi ma a prezzi favorevoli rispetto a quelli praticati nel mercato ordinario. Al costo sostenuto, l’esponente mafioso catanese aggiungeva un rincaro per trarne guadagno nel momento in cui cedeva la droga agli acquirenti che si occupavano della vendita al dettaglio su piazza. Spesso, nelle operazioni più importanti, Mazzaglia era affiancato dal figlio che curava i traffici di stupefacente in provincia di Siracusa nei confronti dei fratelli De Simone e dei fratelli Vacante in provincia di Catania.
Non solo traffico di stupefacenti ma anche estorsioni ai danni di alcuni imprenditori locali come ad esempio quelle perpetrate a Nicolosi.
L’esponente mafioso catanese aveva anche falsamente attribuito alla figlia Agata, a sua volta moglie di Casesa, la titolarità di un’impresa per la commercializzazione di prodotti lattiero caseari e uova con l’obiettivo di eludere la normativa in materia di misure di prevenzione. Con il provvedimento di oggi l’impresa è stata sequestrata. Un giro di affari loschi che hanno portato alla contestazione di ben 46 capi di imputazione nei confronti degli indagati.
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