Silvia Romano è tornata a casa sua, a Milano. Le polemiche però non sembrano volersi placare, soprattutto in merito alla sua scelta di convertirsi all’islamismo. Ha raccontato tutto quello che ricorda, riguardante la prigionia durata 18 mesi, al pubblico ministero Sergio Colaiocco e al colonnello Marco Rosi del Ros.
I ricordi di Silvia
Come riportato da Il Messaggero, Silvia ha parlato senza mai fermarsi, prendendo fiato solo per qualche secondo. Forse ancora emozionata per la liberazione, per aver riabbracciato la sua famiglia, aver passato la prima notte in un letto vero e il ritorno in Italia. Non è mai mancato il sorriso sul volto di Silvia, che ha sempre affermato di essere serena, di essere stata trattata bene dai suoi rapitori e di aver sempre avuto rassicurazioni sul fatto che non l’avrebbero ammazzata. Era troppo importante per essere uccisa, non avrebbero intascato nulla se le fosse successo qualcosa.
Ha ricordato gli spostamenti, almeno sei, da un posto all’altro: “Mi facevano salire in auto, in moto, o anche su un carretto. Mai a piedi. E una volta raggiunto il nuovo posto dove fermarsi, mi ritrovano da sola in una stanza, dove, non molto distante, c'era un bagno. Non ho visto altri occidentali, né ho vissuto con altre donne. Ho sentito parlare di altri rapiti, ma non mi è capitato di incontrarne”. Forse quei rapiti che i suoi sequestratori avrebbero voluto liberare con Silvia, al prezzo totale di 10 milioni di dollari. Ma poi non se ne era fatto nulla e l’Italia aveva proseguito le trattative da sola. Nel maggio del 2018 una infermiera tedesca era stata rapita a Mogadiscio, e in Kenya, nell’aprile del 2019, erano stati sequestrati 2 medici originari di Cuba. Loro sono ancora nelle mani dei jihadisti. Sembra che la Romano abbia trascorso molto tempo nella regione del basso Shabelle e nella regione di Bay.
La scelta di convertirsi all'Islam
Dopo circa cinque mesi di reclusione sarebbe arrivata la decisione di convertirsi all’Islam. Una cerimonia a tutti gli effetti con due dei suoi carcerieri presenti. “Avevo bisogno di credere in qualcosa. Di conoscere le ragioni di quanto mi stava accadendo. Ho espresso la volontà di diventare musulmana. Ho recitato le formule e ho dichiarato che Allah è l'unico Dio. È durato tutto pochi minuti. Nessuno mi ha obbligata, è stata una mia scelta. E in quel momento ho scelto di chiamarmi Aisha” ha affermato la 25enne. Da quanto riferito non avrebbe quindi subito pressioni e avrebbe scelto liberamente di diventare musulmana. Aveva bisogno di credere il qualcosa. Il nostro Dio evidentemente non le bastava.
Ancora da capire se vi siano contatti tra il commando e i somali e quando sono stati girati i tre filmati, tutti ripresi tramite un telefono dal carceriere che parlava inglese, e che sono stati recapitati come prova che l’ostaggio era ancora in vita.
Prima di ogni video veniva spiegato alla ragazza cosa doveva dire, senza dimenticare il nome, il cognome e la data. Tanti gli elementi in mano agli inquirenti che dovranno essere analizzati. Silvia, o meglio, Aisha, si è convertita perché aveva bisogno di credere in qualcosa. Forse sarebbe bastato credere nel nostro di Dio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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