Andiamo con ordine, un passo alla volta, perché la strada che porta a un nuovo governo è lunga e irta di tranelli.
Un risultato lo abbiamo già portato a casa: il libero e uguale D'Alema non entra neppure in Parlamento, e i suoi soci Laura Boldrini, Piero Grasso e Pierluigi Bersani hanno preso una batosta tale che salvano, per un pelo, giusto scranno e stipendio. Il futuro è ufficialmente deboldrinizzato, a sinistra di Renzi non c'è più vita e seconda buona notizia pure il Pd è malato grave.
La sinistra tutta, insomma, esce dalla scena madre e lotta per mantenere almeno un ruolo da comparsa, non si sa ancora in quale film, se quello con primo attore Di Maio (Renzi lo nega, ma non può più garantire per tutti i suoi) o in quello prodotto dal centrodestra. Renzi, che esclude la prima ipotesi, si è ufficialmente dimesso, ma in realtà resterà in campo e in carica per dirigere le operazioni (e lui spera anche dopo).
Quello che è certo è che la partita per Palazzo Chigi è un affare a due. Salvini, Berlusconi e la Meloni, nonostante i proclami di Di Maio e la stampa amica, sono più vicini alla meta di quanto non lo siano i Cinquestelle. Ma a entrambi serve un aiuto (aiutino per il centrodestra) che non può che arrivare dagli sconfitti, cioè da quel che rimane della sinistra. Non c'è fretta, ci sono tre settimane di tempo prima di dover calare le carte per l'elezione del presidente del Senato, atto politico inaugurale della nuova legislatura.
Saranno settimane cruciali anche per il centrodestra, necessarie perché Forza Italia elabori il lutto di non essere più il partito leader della coalizione a scapito della Lega, cosa che in realtà è meno drammatica di quello che appare. Salvini ieri è stato ad Arcore e ha escluso colpi di testa, ricevendo in cambio un attestato di lealtà. Berlusconi è uomo che non è mai stato numero due di nessuno (gli unici ordini forse li ha presi da sua madre), ma è anche uomo che non si arrende mai e che sa trasformare le sconfitte - se non in vittorie - almeno in pareggi.
Sono convinto che
Salvini e Berlusconi potrebbero riservarci piacevoli sorprese. Ci vogliono calma e nervi a posto, c'è una strana e sospetta fretta ad assegnare a Di Maio ciò che ancora non ha. Cioè il diritto e i numeri per guidare il Paese.
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