"Si amavano, ma poi lui...". Così il 'candaulesimo' divenne delitto

Nell'agosto del 1970 l'omicidio-suicidio compiuto dal marchese Casati Stampa provocò uno dei più grandi scandali italiani. Lo scrittore Davide Amante: "Ma tra i due c'era una grande storia d'amore"

"Si amavano, ma poi lui...". Così il 'candaulesimo' divenne delitto

Era una calda domenica di fine agosto del 1970. Quella sera Alda Balestra, allora sedicenne, veniva incoronata Miss Italia, Jimi Hendrix faceva il suo ultimo assolo e I clowns di Federico Fellini veniva presentato alla trentunesima edizione del Festival del Cinema di Venezia. La stessa sera, il 30 agosto 1970, mentre Roma era immersa nel silenzio dell’estate che svuota le grandi città, in un attico all’ultimo piano di un palazzo in via Puccini 9, si consumò il delitto che finì sulle prime pagine di tutti i giornali dell’epoca.

Protagonisti della tragedia furono il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, 45 anni, la moglie Anna Fallarino, 41, e lo studente Massimo Minorenti, uccisi dai colpi di un fucile Browning calibro 12. Risultò chiaro fin da subito che a sparare era stato il marchese Casati Stampa, che dopo aver assassinato la moglie e il ragazzo puntò il fucile verso se stesso e fece fuoco.

Una vicenda che coinvolse alcune delle personalità più conosciute del tempo e che per lungo tempo rimase al centro delle cronache. Anche perché i dettagli che emersero dopo la tragedia trasformarono un lineare omicidio-suicidio nello scandalo del secolo. Ma non tutto è come sembra: "In realtà, a mio avviso, dietro c’era una grande storia d’amore", ha rivelato a ilGiornale.it lo scrittore Davide Amante, autore del libro L’affaire Casati Stampa, che racconta le vicende dei marchesi e il triste epilogo.

Camillo, Anna e Massimo

Il delitto di via Puccini, una strada a due passi da Villa Borghese, in uno dei quartieri più popolari di Roma, maturò nell’ambiente della nobiltà romana e milanese, quella del lusso, delle vacanze su isole private, dei gioielli e delle feste esclusive. Camillo apparteneva alla famiglia degli Stampa di Soncino, una casata patrizia che si era poi unita a quella dei Casati. Figlio di secondo letto di Camillo I, celebre per la ricchezza e la mondanità, e dell’americana Anna Ewing Cockrell, negli anni Cinquanta si era sposato con Letizia Izzo, ex ballerina di avanspettacolo, e aveva avuto una figlia, Annamaria. Il marchese possedeva diverse case, tra cui l’attico in via Puccini a Roma e palazzo Soncino a Milano, un castello, qualche barca, la villa di Arcore e quella sull’isola di Zannone, dove spesso passava l’estate.

Annamaria Fallarino

Anna Fallarino, classe 1929, era arrivata a Roma all’età di soli 17 anni, quando aveva lasciato il suo paese in provincia di Benevento per cercare fortuna altrove. Nella Capitale la aspettava uno zio e presto trovò lavoro come commessa. Poco tempo dopo, però, Anna ottenne lavoro come modella e recitò in qualche film come comparsa. La sua apparizione più celebre fu quella nel film Tototarzan: "Come ti chiami?", le chiede Totò. "Ranocchia", risponde lei. "Allora senti Ranocchia - ribatte l’attore - andiamo a fare un girino". Poi la carriera cinematografica di Anna si interruppe. Nel 1950, la Fallarino sposò Peppino Drommi, che possedeva una piccola industria alimentare.

Fu nell’ambiente lussuoso delle feste e dei ricevimenti esclusivi, che i mondi di Camillo e Anna si incontrarono. Era il 1955, quando i due si videro per la prima volta, durante una festa organizzata da Casati Stampa, che era amico di Peppino Drommi. Qualche anno dopo, durante un viaggio in Costa Azzurra, Peppino e Camillo avevano deciso di spostarsi, insieme alle rispettive mogli, al Pirata di Cap Martin, per passare la serata. Lì incontrarono Porfirio Rubirosa, noto playboy del tempo, che iniziò a importunare Anna, scatenando la reazione di Peppino, ma soprattutto quella del marchese Casati Stampa.

Fu l’inizio della storia d’amore tra Anna e Camillo, che nel 1959 ottennero l’annullamento dei rispettivi matrimoni da parte della Sacra Rota. E nel 1961 si sposarono in chiesa, un anno dopo essersi uniti civilmente. I marchesi andarono ad abitare al numero 9 di via Puccini, a Roma, in un attico di due piani affacciato su villa Borghese. Per anni, la vita di Anna e Camillo trascorse tra feste, battute di caccia e soggiorni sull’isola di Zannone. Poi, nel 1970, Anna conobbe Massimo Minorenti, uno studente di Scienze politiche. Di lì a poco il mondo dei marchesi, inaccessibile agli occhi della maggior parte delle persone, imploderà, spazzando via tre vite, stroncate dai colpi di un fucile.

Il delitto di via Puccini

La casa di via Puccini, delitto Casati Stampa

"Nella notte sono stati scoperti in via Giacomo Puccini 9 a Parioli i corpi senza vita del marchese Camillo Casati Stampa di Soncino [...] della moglie Anna e di un giovane non ancora identificato. Secondo la prima ricostruzione, il marchese avrebbe scoperto la moglie in compagnia dell’uomo nel salotto dove sono poi stati trovati i tre cadaveri". Così l’Unità dava la notizia dell’omicidio-suicidio compiuto dal marchese in via Puccini 9, il giorno precedente.

Camillo Casati Stampa si trovava a Valdagno, in Veneto, ospite di alcuni amici. La sera prima dell’omicidio, il marchese aveva ricevuto alcune telefonate ed era sembrato nervoso e agitato, tanto che la mattina successiva, dopo aver abbattuto diverse anatre, aveva deciso di tornare a casa. Erano circa le 18 quando Casati Stampa arrivò in via Puccini. Lì arrivò anche la figlia Annamaria, ma non venne ricevuta dal padre che, le fece dire, stava aspettando degli ospiti. Questi arrivarono poco dopo: erano Anna e Massimo. I due vennero fatti accomodare nel salotto. A quel punto il personale di servizio sentì alcuni colpi. Ma nessuno si mosse: il marchese aveva dato ordine di non entrare e, quando dava direttive, nessuno osava disobbedirgli.

Così passò diverso tempo prima che venissero scoperti i cadaveri. Alle 22 arrivarono nell'attico di via Puccini 9 le forze dell’ordine. Quello che gli si parò davanti agli occhi era uno spettacolo sconvolgente: tre corpi senza vita giacevano nel salotto. Anna era seduta sul divano, una mano poggiata sui cuscini accanto a lei, l'altra in grembo, il volto disteso. Unica nota stonata, il sangue. Poco lontano, seminascosto dietro un tavolino, c'era il corpo di un giovane, che venne successivamente identificato come Massimo Minorenti. Anche il marchese era disteso a terra, accanto a una poltrona, il volto irriconoscibile.

Il primo a entrare nello studio dove si era consumato il delitto fu l'allora capo della sezione Omicidi della Squadra Mobile, Valerio Gianfrancesco: "Fui il primo a vedere quello spettacolo orrendo - disse il poliziotto in un’intervista al Messaggero, riportata da Misteri d’Italia - lei riversa su una poltrona con lo sguardo incredulo, il marchese sul pavimento accanto al suo fucile e il ragazzo, Minorenti, contorto dietro un tavolino rovesciato. Non c'era tanto sangue, tolto quel particolare macabro dell’orecchio del marchese che penzolava dalla cornice di un quadro, dove l’aveva scagliato e appiccicato un proiettile".

L'arma del delitto Casati Stampa

Ma che cosa era successo nel salotto di quell’attico nel centro di Roma? A spiegarlo, seguendo le prime ricostruzioni del delitto, fu l’Unità, che scrisse: "Armato di fucile caccia, il Casati Stampa ha fatto fuoco più volte contro la coppia per poi rivolgere l’arma contro se stesso". Casati Stampa aveva prima sparato tre colpi alla moglie, colpendola al braccio, alla gola e al seno, poi aveva ucciso il giovane studente e, infine, appoggiando il fucile sulla poltrona, si era sparato in pieno volto. Un omicidio-suicidio, quindi. Nessun dubbio. Un caso apparentemente semplice da risolvere per gli inquirenti: il killer era sotto i loro occhi e, dopo aver sparato alla moglie e al giovane, si era ucciso. E il movente? Fu allora, cercando di capire il motivo di quella tragedia, che vennero a galla dettagli privati dei marchesi, che mostrarono un lato nascosto dietro quella vita di feste, eccessi e lusso.

Dall'omicidio allo scandalo

Quando gli inquirenti arrivarono sul posto trovarono in alcuni cassetti numerose fotografie della marchesa nuda o raffigurata in pose provocanti. Inoltre la polizia notò anche un libro con la copertina verde. Era il diario su cui Camillo Casati Stampa prendeva nota degli incontri sessuali che avvenivano tra la moglie e altri uomini, mentre lui assisteva. Le fotografie e le parole del diario verde uscirono dagli ambienti di polizia e andarono ad alimentare le pagine dei giornali, che riportarono stralci delle descrizioni fatte dal marchese e dettagli piccanti. Anche l’Unità parlò del "famoso diario verde dove Camillo Casati annotava le sue impressioni dopo ogni incontro della moglie con i partner". Così il delitto si trasformò in scandalo.

"Il marchese Casati Stampa aveva la passione a coinvolgere altre persone nel rapporto, anche in quello fisico", spiega a ilGiornale.it lo scrittore Davide Amante. Si tratta della pratica del candaulesimo, che indica il soddisfacimento erotico provocato dal vedere il partner compiere atti sessuali con una terza persona. Sapere che i marchesi erano dediti a questa abitudine generò lo scandalo. Non solo. Furono anche "la notorietà dei personaggi, la loro vita certamente particolare, l'ambiente in cui il delitto avvenne a produrre un'eco così vasta. E poi quelle fotografie, naturalmente, e il contesto in cui erano state fatte, e le loro finalità.", spiegò l'allora capo della sezione Omicidi, Valerio Gianfrancesco.

"L’indagine - spiega Amante - era una semplice indagine per omicidio e suicidio, ma poi sia magistrato che inquirenti si resero conto che c’era dell’altro e andarono a indagare per capire come fosse possibile essere arrivati a un gesto tanto estremo". Venne così alla luce il "gioco" messo a punto da Camillo e Anna, che si concedeva ad altri uomini, spesso pagati, mentre il marito la fotografava e assisteva da lontano ai suoi amplessi.

Una delle prime volte, Anna e Camillo si trovavano in una stanza d’albergo. La donna era sotto la doccia, mentre Casati Stampa aveva aperto la porta al cameriere che portava la cena in camera. Il marchese trattenne il cameriere, che si fermò a osservare il rapporto sessuale tra i due. Successivamente, i ruoli si invertirono. Era quasi sempre Camillo a guardare, mentre Anna faceva l’amore con altri uomini. Tutto veniva documentato con fotografie e racconti.

"Un amore fuori dagli schemi"

Massimo Minorenti

Dietro al delitto e allo scandalo che ne è derivato però c’era anche l’amore tra Camillo e Anna. Quello di via Puccini, spiega Amante, fu un "delitto efferato, ma la cosa più interessante è il rapporto tra i due". Infatti, nonostante alla vicenda sia stata data una rilevanza scandalistica, "in realtà - precisa lo scrittore - a mio avviso dietro c’era una grande storia d’amore, ma era un amore anticonformista". E proprio questo ha portato la vicenda sulle pagine dei tabloid, oltre che su quelle dei giornali di cronaca.

È questo anticonformismo ad aver affascinato e attirato i lettori, assetati di conoscere i dettagli che caratterizzavano il rapporto tra i marchesi, che non vivevano secondo le regole comuni. "Quello tra Camillo e Anna era un amore autentico e intenso - precisa Amante che, per scrivere il libro, ha consultato i documenti ufficiali della vicenda - solo che era una storia passionale fuori dagli schemi”. Le indagini sul delitto di via Puccini, infatti, "portarono alla luce una fortissima intesa tra i due, entrambi d’accordo a fare questo gioco".

I giornali dell’epoca traboccavano di particolari piccanti riguardanti i giochi erotici della coppia e molte fotografie della marchesa nuda e in pose provocanti finirono in prima pagina e alcune riviste dei numeri speciali, contenenti immagini e stralci del diario verde, dove il marchese raccontava dettagliatamente i rapporti sessuali della moglie. Ma dietro le fotografie, i comportamenti provocanti e il coinvolgimento di altri uomini nel rapporto di coppia, c’era "una storia d’amore molto intensa, una grande intesa, che automaticamente rendono lecito questo tipo di rapporto aperto, in cui entrambe le parte si trovavano d’accordo, felici e soddisfatti di mettere in pratica quel gioco".

Ma allora, se Anna e Camillo erano legati da questo amore così forte e travolgente, perché si arrivò al tragico epilogo? "Chi ama fare questo tipo di giochi, inevitabilmente, poi trascende e arriva a dei limiti insostenibili - spiega lo scrittore Davide Amante - Sono arrivati a un punto estremo e non riuscivano più a vivere un rapporto d'amore tra di loro di intesa. E questo porta a sviluppare forme di gelosia".

A farla scattare era stato Massimo Minorenti, una figura "del tutto secondaria" secondo Davide Amante, che ha rappresentato "la persona sbagliata nel momento sbagliato". Lo studente "era una delle persone che i marchesi avevano coinvolto nei loro giochi", ma nulla di più. Massimo, con cui Anna non si era limitata a un singolo rapporto come succedeva solitamente, aveva scatenato la gelosia del marchese, che aveva reagito compiendo il delitto efferato.

Quella tra il marchese Camillo Casati Stampa e Anna Fallarino fu una "storia d’amore intensa", così potente da suscitare il fascino

degli italiani dell’epoca, ma anche "da far perdere il controllo" e portare all’omicidio-suicidio, che concluse per sempre il mondo di lusso, feste e trasgressioni dei marchesi più chiacchierati dell’epoca.

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