L'intenzione era quella di suicidarsi. Per questo Claudio Giardiello, che il 9 aprile scorso ha ammazzato 3 persone nel tribunale di Milano, si era portato dietro una pistola e due caricatoti che teneva nella sua borsa. L'arma sarebbe anche passata attraverso il metal detector e sfuggita ai controlli. È la versione che lo stesso indagato ha raccontato ai pm di Brescia, durante l'interrogatorio del 30 giugno, riportata dal Corriere della Sera.
L’imputato per bancarotta fraudolenta è colpevole della morte dell’imprenditore Giorgio Erba, del giudice Fernando Ciampi e dell’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani. Difeso dall’avvocato Andrea Dondè, ha detto ai magistrati: "Ero stanco. Dieci anni in cui avevo subito molto e non ce la facevo ad andare avanti, allora, ho preso la pistola che tenevo in cucina sotto al forno. Ho provato a togliermi al vita, ma non ho avuto il coraggio di farlo". Giaradiello spiega di aver pensato di suicidarsi in albergo, poi "ho avvolto la pistola e caricatori in un panno - dice - e li ho messi nella borsa 24 ore, quella che avevo con me quando sono andato in tribunale".
Voleva suicidarsi in aula in maniera plateale. Per questo non avrebbe preso alcuna precauzione per non far trovare la pistola."Io sono passato regolarmente dal metal detector, mentre, la borsa nella quale custodivo la pistola l’ho fatta passare sotto il FEP, lo strumento preposto al controllo degli effetti personali. Ho pensato che se avessero individuato l’arma avrei detto che avrei voluto suicidarmi in aula". L'arma probabilmente non sarebbe stata individuata perche era sotto il pc.
L’instinto di uccidere è scattato durante il processo che "non ha permesso di evidenziare quello che mi interessava", proprio quando il suo avvocato si è tolto la toga e ha rinunciato al mandato: "Ho pensato che era il momento giusto per farla finita per finire una vita di dolore e di sofferenza; una vita di soprusi; di avidità; di persone malvage; allora ho preso dalla borsa una pistola ma non so cosa mi è scatta to in testa, sono impazzito".
Tra le lacrime l'imprenditore ha raccontato: "Ho pensato che dovevo spararmi ma poi davanti c’erano Erba e Limongelli. Non ho avuto il coraggio di spararmi e ho iniziato a sparare a loro". Afferma di essersi spostato verso Claris Appiani che stava testimoniando: "So di aver sparato anche a Claris Appiani ma non riesco a ricordare nulla. Mi ricordo il suo viso". Poi, dice di essere uscito dall’aula, di aver visto all’esterno Verna: "Non volevo ucciderlo, per cui gli ho sparato volutamente alle gambe. Lui è un bravo ragazzo". L’uomo dice di essere fuggito al piano di sotto, il secondo, e qui casualmente avrebbe raggiunto l’ufficio del giudice Ciampi che si era occupato di alcuni procedimenti fallimentari. "Ho sparato dal corridoio senza entrare nell stanza. Ciampi era in piedi dall’altra parte della stanza".
Il resto è cronaca già nota. Con la pistola in tasca, l'indagato è uscito dal varco di via San Barnaba ed è fuggito in scooter, prima di essere arrestato, a Vimercate, dai carabinieri.
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