I giudici del tribunale di Bari hanno dato ragione a Striscia la Notizia. Domenico De Pasquale, meglio conosciuto come Mingo - e sua moglie sono stati accusati di truffa, falso e diffamazione ai danni di Mediaset e del popolare tg satirico per essersi fatti pagare servizi televisivi fasulli basati su storie inventate. Il tribunale ha condannato l'ex inviato a un anno e due mesi di reclusione oltre al pagamento del risarcimento danni nei confronti di autori e produttori di Striscia.
La vicenda risale al 2012 ma lascia ancora l'amaro in bocca per quanto accaduto. Mingo e Fabio erano una delle coppie più amate del tg satirico di Antonio Ricci, sempre pronti a documentare fatti e misfatti in giro per l'Italia. Ma nel 2014 il due sparì definitivamente dal piccolo schermo e Mingo, al secondo Domenico De Pasquale, venne accusato di aver falsificato alcuni servizi mandati in onda nel popolare contenitore preserale di Canale 5.
Mingo, originario di Bari, avrebbe truffato Mediaset e Striscia La Notizia con la complicità di sua moglie facendosi pagare alcuni servizi relativi a fatti totalmente inventati e spacciati per veri. L'uomo si sarebbe anche fatto rimborsare costi non dovuti per l'impiego di figuranti e attori. Il tribunale ha ritenuto colpevoli gli imputati, responsabili di ben quattro truffe relative ad altrettanti falsi servizi realizzati per il tg satirico tra il 21012 e il 2013.L'operato dei giudici non si è però fermato a questo. Mingo è stato condannato anche per diffamazione. L'inviato aveva accusato alcuni autori di Striscia, nel 2015, di essere gli "ideatori dei falsi servizi", scaricando di fatto su di loro ogni responsabilità. I giudici hanno però dato ragione ad Antonio Ricci e altri nove tra autori e produttori della trasmissione - che si erano costituiti parte civile - e ora dovranno essere risarciti.
Domenico De Pasquale (in arte Mingo) e Corinna Martino (amministratore unico della Mec Produzioni Srl di cui il marito Mingo era socio) si dichiarano però ancora estranei ai fatti e annunciano ricorso. "Sono stati prodotti documenti a sostegno della tesi difensiva - hanno chiarito gli avvocati difensori Francesco Maria Colonna Venisti e Ludovica Lorusso - che si immagina siano stati valutati dal giudice per raggiungere i risultati assolutori del dispositivo. A questo proposito, i nostri assistiti sottolineano di aver dimostrato la loro estraneità ai fatti a loro ascritti, raggiungendo la formula assolutoria per i fatti più gravi.
Le sentenze non si discutono: se non si condividono, si impugnano. Per farlo, è necessario attendere studiare le motivazioni che sostengono il provvedimento. Questa difesa non ha voluto e non vuole che il processo venga svolto in luoghi non deputati".
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