La verità sullo studio che ha fatto chiudere bar e ristoranti

Una ricerca americana indica bar, ristoranti e palestre come i luoghi più a rischio contagio. Ma i dati presi in considerazione si riferiscono alla situazione degli Usa a partire dai mesi di marzo e aprile

La verità sullo studio che ha fatto chiudere bar e ristoranti

I luoghi più a rischio di diventare focolai di Covid-19 sarebbero bar, palestre e ristoranti. A stabilirlo è uno studio americano, pubblicata su Nature, che ha mappato gli spostamenti orari di 98 milioni di persone, basandosi sui dati dei cellulari, per capire quali fossero i principali "punti di interesse" della popolazione nei 57mila quartieri esaminati.

Dopo aver raccolto i dati, i ricercatori li hanno usati per elaborare dei modelli di diffusione dei contagi: confrontandoli con la reale diffusione della pandemia, hanno notato che "il modello aveva previsto con precisione i numeri di casi confermati". Infatti, confrontando il numero delle infezioni nei quartieri di Chicago tra l’8 marzo e il 15 aprile con i dati reali del mese successivo, hanno notato che "il modello aveva previsto con precisione i numeri di casi confermati". Come spiega Nature, le analisi dimostrano che "una piccola minoranza di punti di interesse 'superdiffusori' sia responsabile di una grande maggioranza di infezioni". Tra questi luoghi 'superdiffusori' ci sarebbero i ristoranti, seguiti da palestre e bar.

Secondo quanto riporta il Tempo, Palazzo Chigi starebbe prendendo in seria considerazione lo studio americano, che a un primo sguardo sembrerebbe confermare la validità della linea prevista dal governo, che nelle scorse settimane ha imposto la chiusura di ristoranti, locali e centri sportivi.

Ma i dati su cui si basa la ricerca americana, ancora in fase di revisione, risalgono alla prima ondata della pandemia, quando ancora non erano state prese tutte le misure di distanziamento e protezione ora presenti nei luoghi pubblici. Non solo. I ricercatori, infatti, sostengono che "limitare l'occupazione massima in ogni punto di interesse sia più efficace che non ridurre uniformemente la mobilità". Il suggerimento, quindi, è quello di ridurre la capienza massima del luoghi chiusi: "il limite di occupazione per tutte le sedi al 30% ridurrebbe il numero di infezioni aggiuntive a 1,1 milioni, secondo le stime del modello. Se l'occupazione fosse limitata al 20%, le nuove infezioni sarebbero ridotte di oltre l'80%".

Inoltre, in Italia, dopo la riapertura di giugno, bar e ristoranti hanno previsto punti all'aperto e hanno allestito le sale al chiuso seguendo le regole necessarie per il mantenimento del distanziamento e per la protezione dei clienti. Lo studio americano, quindi, potrebbe non essere veritiero rispetto alla situazione del nostro Paese, diversa da quella degli Stati Uniti.

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