L'occasione per far ripartire il processo di convergenza tra Mezzogiorno e Centro-Nord, fermo da decenni, sembra essere davvero arrivata. Se da una parte c'è una cassaforte a cui attingere per tentare un'impresa quasi impossibile - ed è naturalmente quella dei fondi di Next Generation Ue - ora un emendamento al Dl Semplificazioni cerca di blindare e rendere certa la spesa, indirizzandola davvero verso progetti strategici per il Meridione. Un intervento normativo su cui ha lavorato per lungo tempo Mara Carfagna che ora non ha dubbi: l'emendamento approvato costituisce una svolta nella prassi italiana di garantire sulla carta soldi al Sud per poi spostarli nella pratica verso altre aree geografiche, anche per l'incapacità delle amministrazioni locali di intercettarli con una adeguata programmazione e progettazione. La nuova norma vincola, infatti, all'utilizzo nelle regioni meridionali almeno il 40 per cento delle risorse del Pnrr, comprese quelle messe a bando: la cabina di regia affiancherà o sostituirà le amministrazioni meridionali lente o inefficienti nella partecipazione alle gare. Una clausola di sicurezza dal forte valore strategico.
Ministro Carfagna, è stato difficile far passare l'emendamento «salva fondi» per il Sud? Avete dovuto fronteggiare obiezioni rispetto a una impostazione che punta a tutelare il Mezzogiorno e a blindare la sua capacità di spesa?
«Ci ho lavorato due mesi, fin dal giorno dopo la presentazione del nostro Pnrr a Bruxelles. Abbiamo concretamente ribadito un principio semplice: se non facciamo crescere il Sud, non crescerà nessuno, neanche il Nord. Non era mai successo. In passato ogni Quota Sud è stata sistematicamente tradita. Ora lo Stato dice: I soldi devono essere spesi al Sud, se il Sud non ci riesce lo aiuteremo a farlo».
E la Lega? Anche loro hanno aderito a questa nuova impostazione?
«Sì, ed è una novità politica che credo debba essere apprezzata e tenuta nel debito conto. Questo nuovo modus operandi è stato condiviso e sostenuto anche dal partito che interpreta l'animus del Nord e che in passato si è sempre distinto per lo scetticismo o addirittura l'ostruzionismo con cui ha accolto le misure di recupero della diseguaglianza Nord-Sud. Sono stata la prima a denunciare questa avversità quando si è manifestata, e voglio essere onesta, oggi, nel riconoscere che quella posizione ostile, nella partita del Pnrr, è stata rivista e superata».
L'adesione di Salvini all'emendamento «salva-fondi» per il Sud può rappresentare un cambio di passo nei rapporti tra l'ala moderata di Forza Italia e la Lega?
«Vorrei volare un po' più in alto rispetto alle questioni interne. La mia speranza è che si incardini un nuovo patriottismo che si ponga come traguardo l'abbattimento del muro invisibile tra Nord e Sud. È la chiave, a mio avviso, con cui la politica dovrebbe affrontare il dopo-Covid e le colossali opportunità offerte dai fondi europei. Ci consentirebbe, tra l'altro, di silenziare una volta per tutte i maestrini del meridionalismo che da anni ispirano furbe campagne elettorali gestite da improvvisati Masanielli senza mai portare un risultato, un'innovazione, un beneficio effettivo per i cittadini e le cittadine del Sud».
Crede sempre che l'adesione della Lega al Ppe sia la condizione per procedere e dare sostanza al progetto di partito unico?
«Ma figuriamoci. Non ho né il ruolo, né il potere, né il desiderio di porre condizioni a chicchessia. Come ho ripetuto più volte, sono pragmatica: il partito unico, il modello bi-partitico all'americana, sono grandi e storici riferimenti del presidente Berlusconi, largamente condivisibili, che oggi come in passato si scontrano contro due dati di realtà innegabili. Il primo è che Lega e Fdi continuano a ripetere di non essere interessati: Matteo Salvini vorrebbe una federazione, a Giorgia Meloni è sufficiente un'alleanza. Il secondo dato è che, anche se Salvini e Meloni cambiassero improvvisamente idea, la loro collocazione in schieramenti euro-critici e euro-scettici costituirebbe un ovvio ostacolo».
Martedì si riparte con la discussione sul Ddl Zan. Varie forze politiche chiedono di eliminare i passaggi più controversi, ma dal Partito Democratico e dai Cinque stelle non arrivano segnali di apertura. Sono possibili ripercussioni sul governo?
«Lo escludo.
Le ripercussioni generali, tuttavia, mi preoccupano: se il Pd insisterà nel tanto peggio tanto meglio, portando la legge al voto senza modifiche, il testo cadrà alla prova del voto segreto. Questo disonore non se lo merita il Paese, non se lo meritano gli italiani e nemmeno il Parlamento, che è perfettamente in grado di approvare una ragionevole norma contro omofobia e transfobia».
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