Si chiude senza un colpevole l'inchiesta sull'incidente in montagna del 30 aprile 2018 ad Arolla, in Svizzera, nel quale persero la vita sette alpinisti, sei dei quali di nazionalità italiana.
Il pubblico ministero del cantone svizzero del Vallese intende ora archiviare il dossier, nel quale non è indicata alcuna responsabilità: nessuno, quindi, verrà perseguito dalla giustizia per quell'incidente in montagna. Secondo le indagini, infatti, il dramma che aveva coinvolto 14 alpinisti di due diversi gruppi, è stato frutto di cattive condizioni meteorologiche. Infatti, stando a un comunicato della procura cantonale, sembra che le due comitive stessero procedendo in senso opposto e si siano ricongiunti per unire le forze, nel tentativo di raggiungere la capanna Vignettes, a 3157 metri di quota. I tentativi del gruppo, però, sono risultati vani e gli alpinisti dovettero passare una notte all'aperto, con temperature che raggiungevano i 20 gradi sotto zero. I gruppi, infatti, erano rimasti intrappolati in una tempesta, durante la traversata da Chamonix a Zermatt. In sette moririno quella notte, quasi tutti per ipotermia, a parte Mario Castiglioni, 59enne comasco, contitolare della società che aveva organizzato la spedizione. Lui, infatti, perse la vita in seguito a una caduta. Tra le vittime si contano sei italiani. L'unica straniera era la moglie di Castoglioni, di origini bulgare. Anche per gli altri membri della spedizioni erano stati registrati casi di ipotermia, non fatali.
Reinhild Messner parlò di un "whiteout", indicando quell'evento
imprevedibile, che cogli gli alpinisti di sorpresa con vento gelido e fortissimo e una sorta di nebbia di neve. Chi si trova intrappolato al suo interno non può fare nulla, perché non vede niente, nemmeno un rifugio a cento metri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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